Basta con i vini tecnici, arriva il biodinamico

Dai colli di Stabbio Brizzi e Cellai hanno dato vita a sei etichette rigorosamente naturali: "E’ finita l’era del prodotto addizionato"

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di Cristina Lorenzi

La morte del padre è stata la molla per recuperare le proprie origini. Così Riccardo Brizzi, da sempre geometra impegnato nell’edilizia, ha deciso da dare la svolta con il ritorno alla terra. Si è tirato su le maniche e, dopo un corso di sei mesi in Borgogna dove ha appreso gli antichi segreti dell’arte del vino, ha trasformato il prodotto della cantina in un vino biodinamico di nicchia. Così un altro importante tassello si è aggiunto al puzzle dei vini apuani, quello che da qualche anno ha rinvigorito i vigneti ai piedi delle cave che, fra terreno acido e aria marina, producono uva unica come il nostro marmo.

Così dal podere ’Al cudin’, di Riccardo Brizzi e del figlio Gianmaria, nel 2016 esce la prima etichetta di vino fatto come facevano in nostri avi quando gli antiparassitari erano naturali e non esistevano additivi chimici. Da lì l’unione con la famiglia Cellai dove Paolo e la figlia Fiamma hanno portato le coltivazioni a 5 ettari con 6mila bottiglie l’anno e l’apertura dei vigneti di Stabbio. Un lavoro di 12 ore al giorno, dall’alba al tramonto, dove il vigneto e l’uva vengono rispettati e da dove esce un vino artigianale che è volutamente diverso dai vini tecnici. "Per quanto rispetti il nascente osservatorio del vermentino nero, che esiste solo qui e che so che darà grandi soddisfazioni – spiega Riccardo Brizzi – sono convinto che sia ora di cambiare pagina". Quella di Brizzi sui vini naturali è una vera e propria missione. "Sono convinto che sia finita l’era del vino tecnico. Il futuro starà nel ridurre gli additivi chimici e i prodotti di sintesi. Con essi sarà la fine del vino sempre uguale a se stesso. Dagli antichi abbiamo imparato che il vino, che è l’alimento che l’uomo usa di più, può essere fatto senza alcun tipo di alterazione. I glifosati e i pesticidi possono essere sostituiti con antagonisti naturali che non alterano il vino e che danno alle bottiglie, a ognuna, un sapore diverso, artigianale, cucito addosso. Sono convinto che il mercato ci darà ragione".

Brizzi fa parte, insieme ad altri 18 produttori di Carrara, di quella squadra di viticoltori che hanno dato prova che la nostra economia non si ferma sulle bianche bancate, ma che anche in collina dà i suoi frutti, creando un prodotto che ricopre quel gap fin’ora esistito da Candia ai Colli di Luni. . "La nostra attività – spiega Brizzi – è molto importante per la tutela delle colline. Abbiamo dimostrato che nonostante la cecità delle amministrazioni che mai hanno tenuto in considerazione la produzione di vino, noi piccoli vignaiuoli abbiamo strappato ai rovi colli dalla coltivazione eroica che stanno cominciando a far parlare di sé. Si tratta di un’operazione spontanea che tutela le colline e che il Comune deve cominciare a tenere in considerazione". Così ’Il cudin’ e le vigne di Stabbio, che da Moneta vedono il mare, producono sei etichette: il celebre ’Vermentino rosso’, ’Il vermentino’ (vermentino bianco in purezza), ’Re trebbiano’ in purezza, ’Rosa di vermentino’ (champenoise ancestrale), ’La massaretta carrarina’ (massaretta merlot) ’Vigna alta’.