Assoluzioni per il fine-vita Le movitazioni dei giudici

La Corte di Assise ha depositato l’atto nel quale spiega perché Marco Cappato. e Mina Welby non sono stati ritenuti colpevoli per la morte di Davide Trentini

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La Corte di Assise ha depositato le motivazioni con le quali il 27 luglio ha assolto Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni e Mina Schett Welby, vicepresidente, per la morte, per suicidio assistito, di Davide Trentini, 53 anni, malato di sclerosi multipla da quando ne aveva 27. La Corte si era presa 45 giorni per il deposito delle motivazioni. In 42 pagine i giudici hanno ripercorso minuziosamente questa vicenda dolorosa. La Corte, presidente Ermanno De Mattia, motiva che "i trattamenti farmacologici uniti alla assistenza personale possono rientrare nel “sostegno vitale“". Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Coscioni, coordinatrice e difensore nel collegio di Welby e Cappato spiega: "La Corte evidenzia che il requisito dei trattamenti di sostegno vitale, indicato dai giudici della Corte Costituzionale non significa necessariamente ed esclusivamente dipendenza da una macchina. Partendo dal caso di Fabiano Antoniani la Consulta aveva configurato una nuova causa di giustificazione che esclude la punibilità in presenza di specifiche condizioni. Condizioni enucleate dai giudici prendendo come riferimento la legge sulle Disposizioni Anticipate di Trattamento e in particolare i trattamenti sanitari che la legge sul testamento biologico consente di rifiutare. La Corte ha chiarito che il riferimento è da intendersi a qualsiasi tipo di trattamento sanitario realizzato con terapie farmaceutiche o con l’assistenza di personale medico o paramedico o con l’ausilio di macchinari medici. Sono compresi la nutrizione e idratazione artificiale. Cappato e Welby sono stati assolti perché sussistono tutti i requisiti della scriminante configurata dalla sentenza 242 del 2019, incluso il requisito della dipendenza da trattamenti di sostegno vitale. Sono assolti dal reato di agevolazione dell’esecuzione del suicidio con la formula perché il fatto non costituisce reato. I giudici attenti alla libertà di autodeterminazione del malato hanno emanato una decisione conforme alla sentenza della Corte Costituzionale che ha creato una nuova causa di giustificazione in presenza della quale l’agevolazione del suicidio non è punibile. La decisione aggiunge l’elemento che per trattamento di sostegno vitale è e deve intendersi qualsiasi trattamento sanitario interrompendo il quale si verificherebbe la morte del malato anche in maniera non rapida. Era la situazione di Trentini sottoposto a trattamenti sanitari la cui interruzione lo avrebbe portato alla morte, ma non nell’immediato. La politica non si è assunta la responsabilità di fare il proprio mestiere: legiferare. E’ grazie ai giudici se i diritti fondamentali possono essere goduti". L’auspicio di Filomena Gallo come di Cappato e Welby è che le motivazioni della sentenza sblocchino la paralisi riformatrice delle Camere e si arrivi alla regolamentazione del fine vita.

Maria Nudi