Asl: la pandemia ha portato altri 100 sanitari

L’azienda sanitaria ha previsto un incremento di ostetriche, oss e infermieri per far fronte alle nuove esigenze della popolazione

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Quasi cento tra infermieri, oss e ostetriche in più sul territorio dalla pandemia. L’Asl dà i numeri e fa la conta di quanto sia stato fatto da fine 2019 ad oggi per rispondere alle rinnovate esigenze della popolazione e questo nonostante "sia impegnata nell’azione di reperimento del personale infermieristico e oss da assegnare alle varie strutture". Dall’Asl entrano nel dettaglio dei nuovi ingressi che ci sono stati in questi due anni. "Tra il 31 dicembre 2019 e il 2022 sono entrati 61 infermieri, 30 oss e 3 ostetriche – dicono da Asl -. In particolare nella zona Apuane l’impiego di personale per nuove attività o potenziamento di altre già presenti ha riguardato 50 infermieri, 25 oss e 3 ostetriche. Per quanto riguarda invece la Lunigiana sono stati impiegati 11 nuovi infermieri e 5 oss". Ora, fortunatamente, il carico di lavoro legato al Covid sta calando e questo dovrebbe permettere di assegnare altrove tutte queste forze fresche. "Questi dati – evidenzia il direttore del Dipartimento delle professioni infermieristiche e ostetriche Andrea Lenzini – confermano che in questi tre anni è cambiato in maniera sostanziale il nostro modo di fare sanità. La pandemia e tutti gli aspetti correlati a questo periodo complesso e senza precedenti nella nostra storia sanitaria hanno reso necessario aprire nuovi servizi, potenziare e adeguare alle esigenze del momento alcune attività già esistenti. E’ stato uno sforzo incredibile per tutto il nostro personale, che in certi casi è stato chiamato a modificare le sue abitudini lavorative e i suoi comportamenti quotidiani. La risposta degli operatori è stata però straordinaria e vorrei ringraziarli tutti, ad uno ad uno. Con la direzione aziendale stiamo ora monitorando la situazione per garantire in ogni territorio organici in grado di sopportare la forte pressione sui servizi. Se i dati sulla pandemia, come ci auguriamo, continueranno a diminuire, alcuni di questi operatori potranno essere impiegati in settori più tradizionali in maniera da consolidare il personale nei reparti ospedalieri e sul territorio". Il numero uno degli infermieri si sofferma poi su un punto che gli sta particolarmente a cuore. "La figura dell’infermiere di famiglia e di comunità – sottolinea Lenzini - ha permesso di sviluppare nuovi modelli organizzativi territoriali, in grado di rispondere sempre più alla gestione della cronicità, come era emerso anche da una riflessione all’interno del dipartimento infermieristico aziendale. L’introduzione dell’infermiere di famiglia e di comunità negli ambiti territoriali Asl sta comportando un fondamentale cambiamento di cultura, che porta sicuramente dei benefici ai cittadini".