Quelle antiche maestà da salvare lungo i sentieri della montagna

Sopra Massa, in via Vecchia Antona, ce ne sono tre: due sono ridotte male

 I partecipanti all’iniziativa  lungo la via Vecchia Antona

I partecipanti all’iniziativa lungo la via Vecchia Antona

Massa, 13 ottobre 2017 - Sos maestà: lungo la via Vecchia Antona si incontrano tre maestà, due delle quali ridotte ormai a ruderi. La prima è in prossimità del ponte della Tavella, detta de i 'Mariotti' e l’altra al termine del percorso, denominata Dogana o Posta. A metà sentiero si incontra la maestà del Padula, ancora ben conservata e che contiene i resti di un affresco probabilmente eseguito da Agostino Ghirlanda, artista che lavorò anche per la chiesa di San Gemignano di Antona. L’affresco risale a oltre tre secoli fa e raffigura la Madonna col bambino e due santi laterali tra cui San Gemignano, protettore di Antona. Nel gennaio 1988 la ditta Ferrigno di Pisa ha recuperato e salvato parte dell’affresco per conto della soprintendenza di Pisa, dove ancora oggi si trova per cui sarebbe auspicabile il restauro della maestà e la messa in posa di una copia dell’affresco, tutelando l’originale in sede idonea (magari al Museo diocesano di Massa). Ma vediamo cosa significa il termine «maestà».

Si tratta di piccole strutture in pietra utilizzate come punto di sosta per i viandanti. Nella zona montana di Massa, con il termine maestà si intende fare riferimento a quelle costruzioni in muratura che a partire dal 500/600 furono realizzate lungo le strade ed i sentieri che erano generalmente privi di spazi per la sosta. Prima che sorgessero queste maestà la gente per trovare riparo si arrangiava alla maglio sfruttando anfratti naturali come grotte, tecchie, piante e grogi di castagno.

Dunque, dette strutture avevano lo scopo di accogliere i viandanti e venivano infatti costruite in punti ben definiti ed utili lungo i percorsi dove solitamente, per esempio, c’era la necessità di fare tappa con il pesante carico in collo di legna, castagne, fieno. C’era l’esigenza quindi di fermarsi, riposare, pregare e talvolta addormentarsi sotto il rumore dei temporali. All’interno delle maestà si trovavano dei bassorilievi o altorilievi, incisioni e statuine in marmo che quasi sempre riportavano immagini sacre quasi sempre di autore ignoto.

A differenza della zona montana, dove abbiamo visto che col termine maestà si indica una struttura in pietra faccia a vista, murata con calce grossa, ricoperta da robusti piastroni e fatta a prova di qualsiasi intemperia, nella pianura massese, compresa la zona di Mirteto tra l’altro ricca di queste rappresentazioni, col termine maestà si indica ogni opera in marmo o dipinta posta in qualsiasi luogo: sopra le porte, nella facciata della casa, nelle nicchiette poste nei crocevia. Le maestà, purtroppo, si presentano depredate dei loro bassorilievi e statuette. Da anni si parla di censire questo ricco patrimonio di arte sacra popolare, tutelare le opere rimaste producendo calchi e mettendo gli originali al sicuro dai «ladri di madonne» che, con troppa facilità, si impadroniscono delle opere incustodite.