Abusi in caserma, 27 carabinieri a giudizio

Massa, accuse choc: pestaggi, violenze sessuali, minacce razziste agli immigrati

Tribunale (foto d'archivio)

Tribunale (foto d'archivio)

Aulla (Massa Carrara), 22 gennaio 2019 -  Le accuse sono pesanti come macigni: botte, pestaggi, violenze sessuali, minacce anche a sfondo razziale. E’ il quadro emerso dall’inchiesta su quanto sarebbe accaduto negli anni passati nelle caserme dei carabinieri in Lunigiana: un’indagine-choc arrivata ieri alla svolta decisiva, con il rinvio a giudizio di 27 carabinieri con accuse a vario titolo, come disposto dal giudice per le udienze preliminari del tribunale di Massa, Fabrizio Garofalo. Sul suo tavolo c’era la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla procura apuana per 31 indagati fra militari, un professionista lunigianese e due cittadini extracomunitari.

L’ITER.  Davanti al gup la posizione dei singoli indagati ha preso strade processuali diverse: Riccardo Contigliani (osteopata in squadre di serie A) e Amal Sedef hanno chiesto di essere giudicati col rito abbreviato. Contigliani è stato prosciolto dall’accusa di porto abusivo d’armi contestatagli perchè dopo aver acquistato una casa, al suo interno aveva trovato una vecchia pistola. Il suo errore? Rivolgersi a un carabiniere amico (poi coinvolto nell’inchiesta) per chiedergli come potersi liberare dell’arma, anzichè seguire la strada istituzionale della chiamata al 112. Così il suo nome era finito nelle intercettazioni e da lì tra gli indagati. Chiude i conti con il provvedimento anche la 40enne marocchina condannata a un anno e 4 mesi per corruzione. Fra i carabinieri coinvolti, il giudice ha disposto il non luogo a procedere nei confronti solo di Mario Mascia, 51 anni originario di Oristano, accusato di falsa testimonianza, così richiesto anche dal pubblico ministero Alessia Iacopini. Tutti gli altri indagati (27 carabinieri, residenti fra la Lunigiana, La Spezia e l’Umbria, e un 40enne marocchino) dovranno affrontare il processo davanti al collegio, con prima udienza già fissata il 10 giugno: nei confronti di tre di loro il gup ha disposto di non doversi procedere solo per i reati di falsità ideologica, calunnia e un episodio di minacce.

I REATI. A dare il via all’indagine le denunce presentate da alcuni stranieri fermati per controlli nei mesi precedenti dalle pattuglie dei carabinieri lunigianesi. Dal loro racconto sarebbero così emersi comportamenti... sopra le righe da parte di alcuni militari, come ad esempio il pugno in faccia rifilato da un sottufficiale a un 30enne marocchino nel corso della perquisizione in casa. Per la Procura c’era invece una matrice «a sfondo razziale» dietro il comportamento di un altro militare che secondo le accuse avrebbe apostrofato un giovane extracomunitario con espressioni offensive, per poi costringerlo a subire una violenza sessuale. In un terzo episodio, dopo un inseguimento nelle strade di Aulla, a un 30enne nordafricano «era stato schiacciato il volto contro l’asfalto con una scarpa», poi «sbattendogli la schiena contro il muro, gli è stata infilata in bocca la canna della pistola» da parte di due sottufficiali dell’Arma.

L’INDAGINE. Sulla base delle denunce presentate, erano stati gli stessi carabinieri di altre stazioni lunigianesi a indagare sui colleghi attraverso una serie di intercettazioni telefoniche e ambientali, con «cimici» piazzate nelle auto di servizio, dai quali sarebbero emersi i comportamenti delittuosi. Il carabiniere con le accuse più gravi era stato arrestato e portato al carcere militare di Verbania, dove è rimasto sei mesi, per altri sono scattati i domiciliari o i divieti di dimora in provincia: provvedimenti nel frattempo tutti rientrati o comunque fortemente attenuati col passare dei mesi, in attesa della decisione del giudice delle udienze preliminari che ieri ha disposto il rinvio a giudizio per la quasi totalità dei militari messi all’indice dalla procura apuana.