A Pontremoli è di nuovo il tempo dei falò

Nnel greto del fiume Magra ci sarà un grande spettacolo. La pira è già stata alzata dai fuochisti

Sotto le case del centro storico di Pontremoli, la pira del falo’ di San'Antonio

Sotto le case del centro storico di Pontremoli, la pira del falo’ di San'Antonio

Massa, 17 gennaio 2020 - E’ tempo dei falò. Brucia questa sera alle 19 nel greto del fiume Magra vicino al ponte 'Pompeo Spagnoli' il fuoco dedicato a Sant’Antonio. I fuochisti nei giorni scorsi sono stati impegnati nella preparazione delle fascine per innalzare la pira e vegliate per impedire che fossero bruciate anzitempo dagli avversari del falò di San Geminiano che va in scena il 31 gennaio. La squadra della parrocchia di San Nicolò è pronta a una grande prestazione e ha messo in campo il tradizionale impegno e la lunga esperienza per allestire un falò da ricordare. Nei giorni scorsi è arrivato con la sua troupe a Pontremoli il regista Paolo Milani, già autore del docu-film «I ragazzi del Monte Barca», tratto dal libro dello scrittore Luigi Leonardi, per realizzare le riprese del documentario «I sacri fuochi« sui falò pontremolesi in collaborazione con la scuola di Massa. Il regista con la collaborazione del tecnico Antonio Pagani ha intervistato per i fuochisti del Vaticano Domenico Bertoli e Antonio Ferrari, subentrato nella funzione di capo fuoco all’indimenticabile Angelo Moscatelli, recentemente scomparso.

Mentre per i fuochisti di San Geminiano hanno risposto alle domande Davide Tondani e Danilo Berton. Nell’occasione è stato intervistato anche lo storico Luciano Bertocchi. Il derby del falò si gioca in due tempi e «stadi» diversi per raccontare la storia della città. Una liturgia popolare arcaica, che torna ogni anno a riscaldare i cuori delle tifoserie avversarie (le parrocchie di San Nicolò e del Duomo), pronte con cori da stadio ad inneggiare frustate di luce per sigillare la superiorità scenica dell’evento. La battaglia dei falò è una tradizione antichissima che affonda nei riti pagani di annuncio della primavera poi «cristianizzati« e legati alla liturgia della chiesa.

Un tempo a finanziare i fuochi era lo stesso Comune così come testimonia un antico «Registro delle Bullette»: in uscita le scritture riportavano spese per l’acquisto di «bochi» e «ulsi» (cespugli di erica, quercia e ginestra) per i due falò che venivano bruciati nella Piazzetta del Castello del Piagnaro e nella Piazza di Sotto. Anche nell’attuale Piazza Duomo si infuocavano pire alla vigilia della Madonna del Popolo ( 1°luglio). Fiamme venivano bruciate pure per San Giovanni in città, e nei paesi per carnevale o in occasione di feste patronali. Ma poi i falò sono diventati quasi un fatto privato, un contenzioso tra le parrocchie di San Nicolò (denominata il Vaticano perché favorita da una sentenza del Tribunale papale dei riti in una questione di processioni) e del Duomo in cui nel 1721 fu trasferita la parrocchia di San Geminiano. Vicende complesse così come il verdetto finale della «battaglia dei fuochi».