Infermiera bruciata viva dall'ex, Russo in cura da uno psichiatra: "Ho perso la testa"

L'uomo accusato dell'omicidio di Vania Vannucchi: "Lei bruciava e io sono fuggito"

L'arresto di Pasquale Russo (Ansa)

L'arresto di Pasquale Russo (Ansa)

Lucca, 4 agosto 2016 - «VEDE... abbiamo litigato e ho perso la testa». «Quindi la benzina gliel’ha buttata lei addosso?». «Sì... ma non volevo ucciderla». «Allora perché le ha dato fuoco?». «Ma non sono stato io...». «Come non è stato lei?» «No... forse lei aveva una sigaretta accesa, perché era una fumatrice». «Vuol dire che non l’ha vista bruciare?». «Sì... l’ho vista bruciare, quello sì...». «E di fronte a ciò che ha fatto?». «Ho preso il motorino e sono andato via... dovevo tornare a casa, sa...».   SONO quasi le 23 e nella stanza della questura di Lucca, incalzato dalle domande del sostituto procuratore Piero Capizzoto, il muro alzato da Pasquale Russo finalmente cede. Dopo una giornata passata a negare ostinatamente le accuse, a sostenere che lui mentre la sua ex amante Vania Vannucchi veniva straziata dalla fiamme, era altrove e che persino quella bruciatura sul braccio destro curata al pronto soccorso se l’era fatta stirando in casa, finalmente cede. Anche se è un cedimento accompagnato da un delirio surreale, quasi lunare: «... l’ho vista bruciare e sono andato a casa...». Il delirio di chi si addossa la responsabilità di aver gettato benzina sulla donna della quale era stato l’amante, ma nega di averle dato fuoco. Il delirio di chi spiega che quel gesto non l’ha fatto per punire una passione non corrisposta ma al termine di una lite nella quale lui era stato «ingiustamente accusato» dalla vittima del furto del suo telefonino. Il delirio comunque di un omicida. Perché mentre Pasquale Russo passava la sua prima notte nel carcere di san Giorgio, poco distante in un letto del Centro Grandi Ustioni di Pisa, la vita di Vania Vannucchi finiva lì. «Servirebbe un miracolo», avevano sussurrato i sanitari al momento del ricovero, dopo avere costato ustioni sul 90% del suo corpo. Ma i miracoli non sono come le violenze sulle donne, i miracoli avvengono raramente. Così alle 6 e 23 del mattino il cuore di Vania cessava di battere. Un’altra croce nel troppo vasto cimitero di chi è stato ucciso con la sola colpa di aver lasciato un uomo.   PERCHÉ Vania, ed è questo il movente sciagurato di questa storia nera, era entrata nel mirino di Pasquale dopo aver deciso di troncare la relazione con quell’uomo conosciuto sul lavoro all’Ospedale di Lucca. Solo che lui, nonostante fosse sposato con 3 figli piccoli, non si era rassegnato all’idea di perderla (CHI E' PASQUALE RUSSO). E aveva iniziato a perseguitarla: telefonate insistenti, qualche schiaffo, perfino un agguato a sorpresa in casa con tanto di cuscino messole sul viso e poi il furto del telefono che Vania aveva denunciato il giorno precedente l’omicidio e che la polizia ha ritrovato nella sua auto. Per provare a sfuggire a tutto ciò l’infermiera aveva chiesto e ottenuto nel gennaio scorso il trasferimento all’Ospedale di Pisa e stava pensando di andare a denunciare tutto alla Polizia. Ma quando la mente di un uomo va in stallo non c’è distanza possibile che disinneschi la follia. Già, la follia. Pare che Pasquale da due mesi soffrisse di una forte sindrome depressiva, assumendo farmaci pesanti sotto prescrizione medica. «In casa aveva già dato segni di squilibrio e nelle prossime settimane aveva una visita psichiatrica», spiega il suo avvocato, Gianfelice Cesaretti. La sua speranza, forse, è di poter arrivate al rito abbreviato confortato da una perizia psichiatrica. Forse l’unico modo per evitare a un uomo diventato mostro all’insaputa di troppi, quella lunghissima detenzione che, a oggi, sembrerebbe l’epilogo inevitabile di una storia senza luci.