"L’uragano sulla mia casa negli Usa. Gravi danni, ma nel 2016 andò peggio"

Angelo Ciardella è tornato in città per i 50 anni dei Lucchesi nel Mondo

Angelo Ciardella

Angelo Ciardella

Lucca, 17 settembre 2018 - Tornato nella sua città per festeggiare i cinquant’anni dei Lucchesi del Mondo, ha ricevuto la brutta notizia dal vicino di casa. A Wilmington, nel North Carolina, l’uragano Florence che si è abbattuto sulla costa est degli Usa  ha danneggiato la sua abitazione. La prende con filosofia,  Angelo Ciardella da Lammari,  uno dei  mille Lucchesi del Mondo rimpatriati in occasione delle “nozze d’oro” dell’associazione  che li rappresenta. «L’uragano che curiosamente è stato battezzato Florence, come Firenze,  ha provocato morti e feriti e fatto danni alla mia abitazione – racconta Ciardella  – Il vicino di casa al quale ho lasciato le chiavi, mi ha detto che è stata spazzata via la serra in cui custodisco le piante - ne ho sedici solo di limone -  e seriamente danneggiata la fontana sul terrazzo sopra la casa. Questo il primo bilancio, ma potrebbe essere accaduto di peggio». Ciardella, che in North Carolina giunse tanti anni fa e si gode la pensione dopo aver venduto il proprio ristorante,  la prende con spirito e si lascia fotografare col bicchiere di vino toscano. «Due anni fa l’uragano scoperchiò il tetto. Se il vicino mi dice che i danni sono limitati, molto meglio». 

Angelo si gode la rimpatriata a casa della sorella a Lammari e l’affetto degli amici di un tempo.  «Sono a Lucca per assistere alla premiazione da parte dei Lucchesi nel Mondo di mio figlio Angelo jr  direttore generale della sede di Houston della Meril Lynch. Io fui premiato alcuni anni fa». Il giovane Angelo si è dedicato alla finanza dopo aver praticato calcio in età giovanile. Il padre  è in continuo contatto col vicino di casa della sua villa affacciata su un lago a due minuti da quello che lui chiama “Mar Atlantico” («è l’oceano, spiega, ma preferisco definirlo così») e in poche parole riassume la propria vita. «Da Lammari mi trasferii a Chicago, bellissima ma fredda, lavoravo da chef all’Hilton, tenevano che rimanessi, ma pagavano poco e e aprii il ristorante Angelo Italian village da 75 posti a Wilmington, la sala più bella si chiamava Florentine room, cinque sere su sette orchestra dal vivo. Facevo programmi di cucina in tv sull’Abc, io stesso ho girato in piazza Anfiteratro lo sport con cui pubblicizzavo il locale.

 

 

Quando l’ho venduto aveva 720 posti. Da giovane mi illudevo  che più grande è il locale più guadagni. Invece è vero il contrario».  Solleva le mani e mostra le cicatrici. «Maneggiavo il coltello dieci ore al giorno». Sorride. L’uragano è lui. Di vitalità.