Un racconto di Tista Meschi: “Verso il Sud“

Pubblichiamo un altro racconto dal libro di Tista Meschi, “Via della Cortevecchia“ edito dall’Accademia Lucchese di scienze, lettere e arti: “Verso il Sud, un’evasione“, prima parte

Gli balenò nella mente l’idea di fermarsi in quel luogo almeno per un giorno, la fretta di arrivare più a sud lo spronò. Si lasciò alle spalle la città antica della reggia per affrontare le colline rigogliose prima di quella città stregata dal torrone e da quel liquore giallo e profumato per arrivare a un’altra città contornata da noccioli e poi su per i colli aspri fitti di paesi poveri e miseri pieni di bimbetti laceri e mocciosi. Ne rimase molto impressionato e sconvolto. Aveva letto quel bellissimo libro dove si narra di miserie e di malaria, chiedere il chinino era come chiedere il pane e di quel medico lasciato solo a sconfiggere la disperazione e punito col confino perché di altre idee politiche. Rivisse quella situazione e capì.

La strada si inerpicava ancora per attraversare altri paesi coi negozi zeppi di salumi e formaggi appesi agli sporti in un turbinio di mosche e calabroni. Faceva spettacolo al suo passare con quella motocicletta scoppiettante. La strada saliva ancora e poi il passo su in alto e finalmente la discesa scorrevole. Un paesaggio immenso ancora giallo per le stoppie del grano da poco mietuto, tappezzato da grandi distese nere per il fuoco appena spento a creare contrasti forti delimitati da lunghi e tortuosi muri a secco bianchi di calcare.

“Ecco questo è il sud“, esclamò! Il sole era ancora alto e nonostante il rumore forte della moto, sentì e poi vide alcuni branchetti di allodole gorgheggianti volare basse librandosi nel vento. Fu colto da una specie di raptus e tolto il fucile dalla custodia e addentratosi di qualche metro nei campi stoppiosi cominciò a sparare e poco dopo una diecina di allodole arredarono il bagaglio.

La strada da fare era ancora lunga, percorse abbastanza velocemente la parte settentrionale di quella nuova regione che stava attraversando. Passò vicino a quel paese che porta l’epiteto di una donna di malaffare, li c’è una chiesa romanico-apuleo che avrebbe voluto vedere, ma… Poi ancora quella immensa pianura, piatta come una tavola, di seguito tutte quelle cittadine poste in fila sul mare. Si fermò per una sosta in quel bel paese che Giorgio Gaber ricorda nella sua canzone bevendo vino...

(12 continua)