Insulti durante la partita di calcio, il ragazzo squalificato: "Non sono razzista"

Parla il 14enne del Jolly Montemurlo, accusato di avero insultato un giocatore di colore durante il match in Lucchesia

Cartellino rosso

Cartellino rosso

Lucca, 13 gennaio 2019 - «In quel rettangolo verde nessuno deve essere discriminato per il colore della pelle. Io so di aver sbagliato a pronunciare quella frase. Ma è stata solo una stizza, un moto di rabbia, avrei reagito anche se fosse stato un ragazzo bianco. Pensi, uno dei miei migliori amici è di colore...». Parla a ruota libera il quattordicenne del Jolly Montemurlo 2004 finito sulle cronache per «avere rivolto ad un avversario una frase di discriminazione razziale e avere pronunciato un’espressione irriguardosa all’arbitro al momento della notifica dell’espulsione» durante una partita disputata su un campo della lucchesia. Il giudice sportivo ha usato il pugno duro e lo ha punito con 12 giornate di squalifica.

«Ma il mio intento – spiega il ragazzo – non era assolutamente né discriminatorio né a sfondo razzista. So di aver sbagliato e per questo motivo ho chiesto scusa al diretto interessato. Non è giusto che mi si additi come una persona disumana e cattiva. Io non sono quello che è stato descritto. Ripeto. Uno dei miei migliori amici è di colore e non faccio alcuna distinzione di etnie. Nella nostra squadra non ci sono solo italiani. Ci sono ragazzi di diverse nazionalità...». Il chiarimento è stato reciproco, tanto che il giocatore offeso ha chiesto scusa a sua volta per aver provato a fare gol in modo scorretto. 

Il giovanissimo studente calciatore si sente anche molto penalizzato: «Studio e faccio sacrifici per seguire la scuola e allenarmi al meglio – dice con la voce rotta dal pianto – Le 12 giornate di squalifica sono tante... In pratica tornerò a giocare a fine campionato... Dico soltanto che se se avessi tirato un pugno in campo, le giornate di squalifica sarebbero state 5...». C’è tanta voglia di riscatto nelle parole dell’adolescente che reclama la verità sul suo conto: «Non sono razzista».

E c’è anche «amarezza» per le reazioni che, secondo il giovanissimo, si sono appuntate su qualcosa che va oltre le intenzioni reali di uno sfogo, uno sfogo che non era un attacco dai toni razzisti contro l’avversario. «Inseguo il sogno del calcio – conclude il ragazzo, che ora spera che l’episodio non gravi sul suo futuro di giocatore – e questo fatto non mi farà cambiare idea, perché credo nei valori dello sport».