Parla l'uomo operato al rene sbagliato: "Mi è crollato il mondo addosso"

In ferie forzate (poi sospesi) l'urologo Torcigliani e la radiologa Gianni che ha materialmente trascritto il referto

La vittima dell'errore medico, Guido Dal Porto (foto Alcide)

La vittima dell'errore medico, Guido Dal Porto (foto Alcide)

Lucca, 1 maggio 2016 - In arrivo al «San Luca» gli ispettori ministeriali, inviati dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin per accertare le cause che hanno provocato l’errore nel caso dell’asportazione del rene sano a un paziente. La task force è composta dagli ispettori del Ministero, professionisti nominati da Agenas, carabinieri del Nas e dal rappresentante delle Regioni. I risultati delle ispezioni verranno resi noti nei prossimi giorni.

Dovrà essere ricostruito nei dettagli l’iter che ha portato al clamoroso scambio. Nel mirino al momento due medici: il chirurgo urologo Stefano Torcigliani che ha eseguito l’intervento e la radiologa Claudia Gianni che avrebbe trascritto materialmente il referto scambiando il lato sinistro con il destro. Per entrambi, l’assessore regionale Stefania Saccardi ha chiesto alla direzione generale dell’Asl la sospensione. I due medici al momento sono in ferie forzate e dalla prossima settimana verranno appunto sospesi temporaneamente dal servizio.

Mentre l’urologo Torcigliani ha sottolineato di non sentirsi responsabile del drammatico equivoco, e di aver agito in piena coscienza, emerge che l’errore nel referto sarebbe imputabile a una doppia lastra. Per un particolare scrupolo, la Tac sarebbe stata effettuata in posizione supina e, successivamente, con una seconda scansione in posizione prona. I rispettivi dati sarebbero stati invertiti in sede di referto, originando il drammatico errore.

LO SFOGO DEL PAZIENTE: "MI E' CROLLATO IL MONDO ADDOSSO"

«Lei come si sentirebbe?». Ha lo sguardo deciso Guido Dal Porto, il 56enne operato all’ospedale San Luca per tumore e dove, per errore, gli è stato asportato il rene destro invece di quello sinistro. Lo sguardo deciso dicevamo, mentre seduto su una poltrona in vimini davanti al caminetto di casa sua a San Ginese attende la risposta del giornalista. E poi, poco dopo, aggiunge: «Forse non mi sto ancora rendendo conto di ciò che è capitato. Solo da stamani comincio a capire quello che è successo». D’altronde lo choc è stato enorme. Lui che è tornato a casa giovedì 21 aprile sicuro di aver rimosso il tumore e invece, otto giorni dopo, ha scoperto di esser finito in un incubo.

«Venerdì mattina sono venuti a casa mia - aggiunge Dal Porto - cinque persone della Asl e mi hanno messo davanti al fatto compiuto. Mi hanno detto che lavorando, sono cose che capitano». Dal Porto, impresario edile, ricostruisce per filo e per segno tutto il periodo che lo ha portato fino all’operazione prima e alla scoperta di ciò che era accaduto dopo. «Io ho fatto 113 giorni di carcere per bancarotta fraudolenta - racconta - . Non ho voluto patteggiare. Il pm chiese l’assoluzione. Invece mi hanno dato 3 anni e 3 mesi. In carcere, al San Giorgio, ho trovato massima disponibilità. Lo scriva pure, ci tengo. Mi hanno rimesso in sesto visto che avevo il diabete alterato. E poi è lì che mi hanno scoperto il tumore. Io voglio ringraziare pubblicamente chi lavora in infermeria al San Giorgio, ma anche la psicologa, la psichiatra, le educatrici, e tutto il corpo di guardie, compreso il comandante, che è una donna».

Dunque la scoperta del tumore, e la programmazione conseguente dell’operazione per rimuoverlo. Dal Porto, sotto i ferri, ci doveva finire il 25 marzo. Ma un problema con un medicinale che avrebbe dovuto sospendere tre giorni prima fa sì che occorre riprogrammare il tutto. Nuova data: il 14 aprile. «Dovevo presentarmi in ospedale da detenuto», spiega. Intanto però il suo avvocato, Veronica Nelli, ha fatto richiesta per il trasferimento ai domiciliari. Richiesta accolta. «Così il 12 aprile - aggiunge Dal Porto - torno a casa. Ma dormire qui in casa mia la prima sera è stata dura... E due giorni dopo avrei dovuto operarmi. Sono andato, per rispetto nei confronti di chi mi aveva curato. E così decido di fare l’intervento. E anche qui ci tengo a ringraziare tutta la parte infermieristica che si è data davvero molto da fare. Mi sono detto: ho tolto un rene, ma anche il tumore. Mal che vada ho l’altro». Così 14 punti dopo, il 21 aprile Dal Porto è stato dimesso e rimandato a casa. «Pensavo cominciasse una nuova vita - racconta ancora - e ringraziavo di essere stato in carcere dove mi hanno trovato il tumore. A volte si dice che il carcere ti salva la vita. Stavolta è proprio vero». Poi, venerdì, la visita dei cinque medici Asl per svelare l’amara verità. «A quel punto - conclude Dal Porto - mi è crollato il mondo addosso». Ora ha messo tutto nelle mani dell’avvocato Nelli per valutare il da farsi e l’eventuale denuncia.