"Mia madre malata, via dalla Rsa perché la Regione non ha soldi"

Lettera aperta al governatore Rossi della figlia disperata. "Le era stata riconosciuta la quota sanitaria

Rsa (foto archivio)

Rsa (foto archivio)

Lucca, 3 dicembre 2019 - Odissea per un'anziana gravemente ammalata, non più in grado di essere accudita in casa e che dovrà lasciare la Rsa per una vicenda burocratica. Un'odissea aggravata da mancanza di sensibilità. A denunciare in una lettera aperta al presidente della Regione Enrico Rossi  la vicenda di una signora di 84 anni originaria dell'Isola d'Elba è la figlia, Gina Truglio, commerciante del centro storico di Lucca. 

"Caro presidente Rossi, Le scrivo molto, molto amareggiata, perchè la mia mamma che si trova in una struttura a Maggiano (Lucca) dove è seguita in maniera splendida, amorevole e corretta per la sua patologia, sarà costretta in brevissimo tempo a venire via perchè non abbiamo i soldi sufficienti per pagare la sua degenza, pur essendole stata riconosciuta la quota sanitaria. Le racconto le mie peripezie, tra l’Elba e la provincia di Lucca, dove adesso vivo", inizia la lettera al governatore della Toscana.

"Quando chiedo perché mia madre debba lasciare la struttura le assistenti sociali mi rispondono, in modo freddo asettico e distaccato: “Mancano soldi, quando sarà vi faremo sapere” . La mia famiglia, caro Presidente, i soldi li ha già finiti per curare il mio babbo. E anche a livello di stress e di dolore abbiamo dato tantissimo! Ci era stato detto dopo le visite mediche di quest'estate - detto, non scritto in maniera chiara e corretta - che a mia madre era stato riconosciuto il ricovero in Rsa in maniera definitiva. Costretti a riceverarla in ospedale per un aggravamento, qualche medico coscienzioso aveva attivato l'Acot  (Agenzia di continuità ospedale territorio) - che mi scusi se lo dico, porta a ben poco, dato che c'è già l'Adi (assistenza domiciliare integrata) e torna a delegare molto alle famiglie, allunga di poco la continuità assistenziale ma non risolve i casi cronici. Nel frattempo però un altro medico l'aveva dimessa perchè servivano letti in barba all'attivazione Acot. Siamo stati costretti a trovarle un posto in Rsa  perchè la situazione era ingestibile a casa nostra!!! Purtroppo sulla base di informazioni poco chiare credevamo che fosse sufficiente trovare un posto in Rsa, cosa già difficilissima, ma quando abbiamo comunicato che il posto c'era, è stato risposto che quando ci sarebbero stati i soldi per la quota sanitaria modulo base, allora mia mamma avrebbe potuto entrare in Rsa. Ho scritto subito, ma ho trovato un muro di gomma". 

"Allora, presidente, scrivo pubblicamente a lei. Perché questa mancanza d’informazioni sulla quota sanitaria? E cosa vuol dire modulo base? E nel frattempo chi pensa a mia madre? E a noi? (Ci siamo già passati: per curare mio padre abbiamo venduto la nostra casa. Peccato che il  babbo le sue tasse se le era pagate tutte) - continua Gina Truglio - E' normale che un'anziana in carrozzina invalida al 100% non possa avere la continuità delle cure e sia abbandonata dal sistema perché servono letti e si scarichi tutto sulle spalle della famiglia?. E' lecito che non mi sia comunicata ufficialmente la posizione di mia madre in graduatoria e soprattutto su che base le è stata assegnata? Chiedo se sia giusto che ci dicano di trovare  posto in Rsa e poi quando il posto c'è ti dicono che non c'è la quota! E quando  la quota arriva e ho perso il posto?"

"Che rabbia, Presidente e che tristezza! Chi lavora in questi settori deve avere particolari sensibilità, essere chiaro al 1000 per 1000. E pensare che dall'altra parte non solo c'è un completo ignorare di leggi e conoscenze, ma anche persone rattristate e logorate dalla malattia del proprio caro. In sanità e sociale dovremmo parlare più di quotidianità e non solo di eccellenze, che purtroppo devo ancora vedere, ma soprattutto devo ancora vedere una sanità che aiuta, comprende e facilita il lavoro. Addetti e responsabili che rasserenano il paziente e i familiari e non storie normali che diventano tragedie e che alla fine leggiamo sui giornali", è l'amara conclusione di  Gina Truglio.