Quanto mancano “Quartuccio“ e il suo Charlot

Un personaggio impresso nella nostra memoria. Amava il rosso, né una goccia di più nè una di meno

Migration

C’è chi passa ai posteri per le grandi cose che fa e chi raggiunge lo stesso risultato, pur in ambiti diversi, per certe specialità del suo carattere, per il suo modo di stare con gli altri. Per essere, in poche parole, personaggio. Uno di questi, nel ristretto ambito di Lucca e dintorni, era Quartuccio. Uomo mite, paziente come il suo cavallo chiamato Charlot (Sciarlotte alla lucchese), a causa della buffa divaricazione ad “X” delle zampe anteriori. Marco Pedonesi lo descrive “… con quei capelli bianchi e ricci che gli scendevano lunghi dal berretto a visiera, il volto scarno dai lineamenti aristocratici”. Vestiva di grigio ed era, a suo modo, elegante. Era questa la sua divisa, che tentava di intonarsi agli abiti impeccabili dei rari grandi signori, utilizzatori dei suoi servizi. Teneva a cassetta un canetto bianco e nero, come fosse un secondo vetturino. Qualche volta gli permetteva di scendere a terra per sgranchirsi le gambe. Allora il cagnolino prendeva a saltellare tra quelle di Charlot, con il pericolo costante di essere colpito dai suoi duri zoccoli. Riusciva ad infastidire tanto il povero ronzino da farlo, smaniare costringendolo a prendere, pur in rare occasioni, il trotto. Perché come il padrone, Charlot amava il quieto vivere e soltanto il pensiero di dove sudare, gli creava ansia”.

Siccome gli animali, più passa il tempo e più vanno a somigliare ai padroni, così anche Charlot aveva preso il vizio del bere. Intendiamoci amava il vino ma in maniera moderata, come faceva il vetturino, il quale mai più di un “quartuccio” di vino trangugiava, ogni volta che si fermava alle tante mescite presenti a Lucca. Per questa sua moderazione nel bere (“né una goccia in più, né una in meno”), a Ruggero Giusfredi, come figurava all’anagrafe, fu affibbiato quel nomignolo. Non si ubriacava né lui né Charlot, al quale Quartuccio, dopo la razione di biada, dava da bere acqua mischiata ad una generosa percentuale di vino. Talvolta il cavallo seppur malfermo sulle gambe, si appisolava, davanti alla stazione di Lucca, ma pronto al lavoro quando arrivavano i clienti. Quartuccio era un gran tifoso della Lucchese. Portava i suoi giocatori e dirigenti, gratuitamente da qualsiasi parte li incontrasse in Lucca, fino allo stadio di Porta Elisa. Andò addirittura in visibilio, quando la squadra rosso-nera, nel 1947, guadagnò la serie “A”. Era per lui un trionfo stare in mezzo a loro, ma il piacere era reciproco perché i giocatori gli volevano bene come ad un parente stretto. Tanto bene che in occasione dei festeggiamenti gli Incendiarono la carrozza. Fu una dimostrazione di affetto, perché il fuoco è allegria e poi perché era il caso di rinnovarla quella decrepita vettura dei tempi di Giacomo Puccini. Naturalmente a spese della società rosso-nera. Si vantava Quartuccio di essere stato amico del grande compositore, che quando tornava a Lucca, non mancava di salire a bordo della sua vettura per fare un giro di mura. Nell’andare chiacchieravano del più e del meno e nei rari momenti di silenzio, il Maestro fischiettava un’aria delle sue tante, Immortali opere. Per lui avrebbe fatto qualsiasi cosa, come quando irruppe con cagnolino, Charlot, carrozza e addirittura con Giacomo Puccini a bordo al Caffè Fanciulla del West di Via Nuova. Così raccontava Quartuccio. Morì una fredda mattina di dicembre del 1973. Ruggero Giusfredi era indubbiamente, un personaggio speciale, di quelli ai quali ci si affeziona. Di quelli che vorremmo vedere ancora passare per la via, fermarlo e bere con lui un quartuccio di quello rosso, né una goccia di più né una di meno.

Giampiero Della Nina