«Voglio dare un lavoro al giovane che ha riportato il portafogli a mio figlio»

Lucchese, manager al nord: «E’ onesto e maturo»

Jean-Marc M’Boua

Jean-Marc M’Boua

Lucca, 22 marzo 2018 - «Ho parlato al telefono con Jean Marc. Lui ivoriano, io madrelingua francese. Ci siamo parlati nella nostra lingua e sono sicuro che si siamo capiti alla perfezione. Gli ho detto che ha compiuto un gesto bellissimo che io sono disposto ad aiutarlo. Aiutarlo a trovargli un lavoro, magari nell’azienda di cui sono dirigente, in provincia di Cremona».  Davide Della Maggiora, 54 anni, vive a Lucca ed è padre di Andrea, il calciatore del Folgor Marlia che l’altro giorno si è visto consegnare a domicilio da un avversario della partita di domenica il portafogli perduto dopo la gara, a Vernio. Jean Marc M’Boua ha preso il treno pagando il biglietto con una piccola parte dei soldi trovati nel portafogli ed è partito per Lucca, sobbarcandosi un bel tratto a piedi per raggiungere Andrea. Poi, il padre di questi ha chiesto il numero di telefono e ha chiamato il giovane ivoriano.  Cosa vi siete detti, signor Della Maggiora? «Gli ho espresso la mia gratitudine e ammirazione per il gesto compiuto e ne sono rimasto colpito Gli ho riferito che avrei voluto aiutarlo. Mi ha risposto che non ha lavoro».  Lei può farlo assumere? «Sono direttore commerciale divisione estero del nostro gruppo. Posso presentare Jean Marc all’ufficio risorse umane. Siamo cinquecento dipendenti, di cui almeno trecento stranieri, di ogni parte del mondo». Cosa produce l’azienda?  «Vassoi e contenitori per il confezionamento di alimentari, specie destinati alla surgelazione. Esportiamo in tutta Europa. Io, come direttore commerciale estero viaggio moltissimo. Anche ora, rispondo da fuori Italia».  Perché, tanti stranieri in azienda?  «Lavoriamo sette giorni su sette 24 ore su 24. Sa com’è? Gli italiani non accettano più impieghi che richiedono di stare in fabbrica sabato e domenica. E allora assumiamo immigrati». Jean Marc sarebbe pronto? «Mi ha detto che in questo momento non è in condizione con i documenti. Gli ho detto che quando li avrà in regola, mi chiamerà e io lo presenterò ai nostri uffici. Fossi imprenditore, lo assumerei direttamente. Nel mio caso, posso solo presentarlo in azienda perché i nostri uffici esaminino la sua documentazione. Certo lui dovrebbe lasciare Prato, trasferirsi». Cos’ha pensato appena suo figlio le ha raccontato l’accaduto? «Ho pensato che non siamo preparati a notizie del genere. Invece episodi come quello di Jean Marc che ritrova un portafogli e lo porta al proprietario accadono ed è bellissimo». Un insegnamento per i suoi figli. «Per il più grande, che studia Medicina e gioca a calcio e per il più piccolo che fa lo scientifico. Ma è un insegnamento di civiltà per tutti, a prescindere dall’età dalle origini». Come ha trovato Jean Marc? «Al telefono mi è apparso serio, maturo. Mi ha detto di essere fiero del gesto che ha compiuto e concordo con lui». Vi risentirete? «Sarebbe piacevole a prescindere dall’occasione. Aspetto che chiami quando sarà in grado di accettare un lavoro. Intanto, posso dirle una cosa?» Prego. «Visto il battage che sta avvenendo sui mezzi di comunicazione, se fossi imprenditore nella zona di Prato, andrei a cercarlo, Jean Marc. Perché le aziende hanno bisogno di gente onesta. E lui con il gesto che ha compiuto ha dimostrato che lo è».