Olio, in Lucchesia il calo è dell'80%

Giusti, presidente del frantoio del Compitese: "Era prevista una raccolta dimezzata, ma mosca, clima e abbandoni hanno fatto il resto". I prezzi? da 12 euro al litro

Frantoi, un anno orribile per la Piana lucchese

Frantoi, un anno orribile per la Piana lucchese

Lucca, 14 novembre 2019 - Mosca e clima impazzito con estate tra le più aride degli ultimi cento anni. Sono le due ragioni principali per cui il 2019 in Lucchesia verrà ricordato come annus horribilis per la produzione olearia. Angelo Giusti, presidente del Frantoio del Compitese, nel territorio di Capannori, uno dei più importanti dell’intero comparto, spiega quantità, qualità e prezzi di questa annata poco felice per il cosiddetto oro giallo.

“Intanto bisogna sapere che l’olivo segue un ciclo biologico biennale, un dato che spesso conoscono solo gli addetti ai lavori. La pianta sviluppa i frutti su due anni, ma mentre il primo viene definito di “carica”, con sviluppo cospicuo, il secondo è definito non a caso di “scarica”. Traducendolo in parole semplici, era già previsto un calo, intorno al 40-50%, ma per altri fattori siamo andati ben oltre. Purtroppo. Si parla di un 70-80% in meno rispetto al 2018. Se l’anno scorso si è prodotto 100, ora siamo a 20. Penso che questo dato renda l’idea”.

Sulle cause Giusti è piuttosto chiaro: “La fioritura è apparsa al momento giusto e tutto ha seguito la sua logica, certamente le temperature infernali estive hanno provocato problemi. La colonnina di mercurio incide in maniera determinante. La mosca stessa, se gli inverni fossero rigidi e sotto lo zero, sarebbe meno diffusa, perché le larve morirebbero. Invece resistono. Non solo. Con ottobre e la prima parte di novembre così miti, è stata consentita maggiore longevità dell’animale. Senza parlare degli oliveti abbandonati, dove si può riprodurre senza limiti, poiché in quei casi mancano i trattamenti che vengono adottati precauzionalmente nelle attività in esercizio. Il danno non è solo l’estrazione della polpa dell’oliva, ma il foro che viene praticato dall’insetto che lascia passare ossigeno. L’ossidazione che ne segue altera i polifenoli e la clorofilla, attacca gli acidi grassi. Quindi si intacca anche la qualità. E’ un rapporto complementare".

Non si salva nessuno? "Chi ha seguito i protocolli di protezione e, soprattutto, se ha raccolto in anticipo, ad esempio in ottobre, può anche avere avuto olive belle. Novembre era il mese deputato alla raccolta, un tempo. Attualmente si può anche raccogliere a settembre, magari con una resa inferiore, ma qualità superiore. Chi raccoglie ora e non ha messo in atto operazioni a salvaguardia del prodotto, avrà olio di pessima qualità. Purtroppo è così. In ogni caso – specifica Giusti – per il consumatore, non cambierà assolutamente nulla perché la bottiglia che si trova in commercio deve aver superato una serie di verifiche e di parametri. Per essere venduta deve avere una qualità certificata. Il contadino che frange il proprio raccolto può vedere il calo in qualità e quantità".

E il prezzo? "Queste concause non incidono. Noi – conclude Giusti – siamo sui 12-13 euro al litro, mentre c’è una scontistica prestabilita da appositi tabellari per i grossisti”. E’ davvero una situazione diversa ad esempio dal vino, che ha resistito meglio a certe problematiche connesse alla natura e ai suoi cicli, spesso stravolti".