Marco Tognetti, morto a 23 anni. I genitori: "Diteci la verità"

Parlano Giuliana Nesi e Mauro Tognetti, genitori del 23enne di Fosciandora scomparso il 3 novembre: "Abbiamo chiesto le cartelle cliniche"

A destra Marco Tognetti, 23 anni di Fosciandora, morto il 3 novembre scorso

A destra Marco Tognetti, 23 anni di Fosciandora, morto il 3 novembre scorso

Lucca, 24 novembre 2021 - "Vogliamo la verità per nostro figlio". Non ci stanno Giuliana Nesi e Mauro Tognetti, i genitori di Marco, il ragazzo di 23 anni di Fosciandora morto lo scorso 3 novembre. Non hanno più voglia di leggere che il loro figlio è morto a causa di una lunga malattia, perché non sono per nulla convinti che sia stata questa la causa del decesso.

"Marco conviveva dall’età di 10 anni con il morbo di Crohn, è vero – spiega la mamma Giuliana – Ringraziamo tutti quelli che ci sono stati vicino in questi giorni, ma ci sono cose che a noi non tornano e vogliamo vederci chiaro". La malattia di Crohn, per chi non lo sapesse, colpisce l’intestino ed è caratterizzata da un’infiammazione cronica le cui cause non sono ancora note, o comunque possono essere tanti i fattori scatenanti. Marco ci combatteva da quando era piccolo, entrando e uscendo dalla sala operatoria. L’ultima volta tre settimane fa, quando però purtoppo non ce l’ha fatta. Proprio sulle sue ultime ore di vita i genitori vogliono far luce, consapevoli che tutto ciò non potrà comunque rendere più sopportabile il loro dolore, ma quantomeno potrà sciogliere quei dubbi che lo rendono ancora più pesante. 

"Tutto è iniziato a luglio - racconta Giuliana Nesi -. Quando da un controllo all’addome, programmato al Cisanello di Pisa, saltò fuori che aveva una perforazione all’intestino. L’operazione andò bene e tornò a casa dopo qualche giorno. Aveva due stomie, ma nonostante ciò era tranquillo". La stomia è praticamente un’apertura, creata appunto chirurgicamente per permettere la fuoriuscita dei fluidi che finiscono poi in una sacca. "In quel periodo aveva fame di continuo, non l’ho mai visto mangiare così con gusto". Si lascia scappare un timido sorriso Giuliana, raccontando questo particolare, ma è un attimo e la voce torna ad essere quella interrogativa dell’inizio. 

"Dopo che il gastroenterologo ci disse che si potevano togliere le stomie, prendemmo appuntamento. Era settembre. Arrivammo a Cisanello alle 7.30 e ci fecero aspettare fino alle 22.30 in un parcheggio, con tutti i disagi del caso. Perché ci dissero di aver avuto un intoppo per causa Covid. Ci portarono nel reparto di Medicina e appena entrati una dottoressa ci disse che dagli esami risultava che Marco aveva la Klebsiella (un batterio ndr) . Dopo la preospedalizzazione nessuno ci aveva avvisati, nonostante si trattasse di un batterio multiresistente e trasmissibile. Marco quella sera si fece prendere dal nervoso e dall’ansia e volle andare via. Provai a convincerlo, ma invano, così lo fecero firmare e io lo portai a casa. A distanza di una ventina di giorni si liberò un altro posto e così ritornammo a Cisanello. Sarebbe dovuto rimanere in gastroenterologia per circa 4 giorni, in attesa di stabilizzare i parametri. Ma era insofferente e lo palesava anche agli stessi medici. Voleva tornare a casa il prima possible. La sera dopo il ricovero ci chiamò e ci disse che il giorno dopo lo avrebbero operato". 

"L’operazione andò bene, lo avrebbero dovuto dimettere dopo una settimana". Si alzava, rideva e scherzava col fratello. Tutto sembrava andare per il meglio, se non fosse per quell’ematoma all’addome. "Mi chiamarono la sera dicendomi che c’era il dubbio di un’emorragia e che lo avrebbero riaperto. Il chirurgo ci disse che c’era stato un sanguinamento, ma ci rassicurò: aveva deciso di non richiuderlo e tenerlo per 48 ore in terapia intensiva, con le pezze nell’addome, per poi riportarlo in sala. Ma quando andammo in intensiva l’anestesista che era lì ci disse che Marco era in gravi condizioni. Il giorno seguente gli organi si stavano compromettendo, ma nessuno seppe dirci il motivo. Così chiesi di parlare col primario di chirurgia che ci disse che la situazione di Marco era degenarata, che avrebbe dovuto portarlo in sala operatoria, ma che i parametri non glielo permettevano. Salvo poi, dopo 15 minuti, cambiare idea e rimetterlo sotto i ferri. Dopo 10 minuti il chirurgo era già fuori: Marco non dava segnali di ripresa. La mattina seguente, alle 9.30, non c’era più". 

Un racconto articolato, sintetizzato per forza di cose, di una storia che lascia perplessi i coniugi Tognetti. "Ci sono molti elementi di stranezza, per cui vogliamo spiegazioni". La scorsa settimana hanno richiesto di poter avere le cartelle cliniche. Ci vorrà circa un mese prima che l’ospedale gliele fornisca. Vogliono farle analizzare da un esperto e capire cos’è accaduto in quelle ore che hanno stravolto completamente le loro vite.