Luci sul giallo di padre e figlio "suicidi" in Lucchesia

Nella serata a teatro emersi elementi che diradano il mistero sulle morti di Nicolao e Leonello Mazzotti. Avvenuta alla stessa ora a 30 km di distanza l'uno dall'altro

Leonello, il giovane dei due Mazzotti morti nell'aprile 1928

Leonello, il giovane dei due Mazzotti morti nell'aprile 1928

Lucca, 20 novembre 2019 - Un evento, quello di "Una tragedia Coreglina", che ha richiamato  al teatro “Bambi" di Coreglia Antelminelli, molta gente nonostante la fitta pioggia. Come anticipato nei giorni scorsi, sul palcoscenico una vicenda oscura, con risvolti perfino esoterici, ma di cui si sta intravedendo qualche spiraglio. Leonello e Nicolao Mazzotti il 20 aprile del 1928 morirono, a quanto sembrò in un primo momento, suicidandosi quasi in contemporanea: il primo a Lucca nella sua casa in via Guinigi, il secondo a Coreglia gettandosi da una rupe, adesso detta “grotte dei Mazzotti”, a breve distanza dal paese.

Un episodio che seminò tra la gente, non solo di Coreglia, paura e inquietudine. Nessuno o quasi credette che si fossero ammazzati. Una convinzione perdurata nel tempo e che adesso sta tornando di attualità grazie alle ricerche di Matilde Gambogi e alle capacità storiche ed espositive dell’avvocato Romina Brugioni, la quale ha subito puntualizzato che Nicolao e Leonello Mazzotti erano massoni, quindi non in buoni rapporti col regime fascista, che aveva messo al bando le logge. Infatti- rileva in una sua pubblicazione Matilde Gambogi- la Massoneria, di cui facevano parte i Mazzotti, era perseguitata e dopo l’attentato a Mussolini, la legge approvata il 22 dicembre 1925, ne decretava la fine. Può quindi darsi che la Massoneria avesse imposto loro qualcosa che non avevano avuto il coraggio di portare a compimento. Forse questa fu la causa della loro morte, di cui in quel momentonessuno ha voluto parlare?, si chiede Gambogi. 

Altro importante apporto è stato quello del prof. Riccardo Lello, biologo e chimico, il quale ha evidenziato dettagli da non trascurare. Prima di buttarsi dalla rupe Niccolao si era tolto il cappotto e aveva calato il cappello su un bastone piantato nei pressi del masso da cui si sarebbe gettato per una sessantina di metri. Il suo cadavere sarebbe stato trovato attorno alle 2 e mezza del pomeriggio dalla stessa autorità che avrebbe dovuto comunicargli la morte del figlio. Anziché chiamare il medico di Coreglia, venne chiamato quello di Castelnuovo Garfagnana, che giunse dopo ben tre ore. Nel referto si parla di arti inferiori fratturati, di contusioni al capo con fuoriuscita di materiale cerebrale. Come avverrà per il figlio Leonello, non venne fatta l’autopsia.

Non solo. I riscontri documentali su quest’ultimo, dice il discendente Leonello Mazzotti, omonimo dell'antenato morto nelle circostanze esposte, risultano spesso non trovare giustificazione logica. Sia riguardo all’orario in cui si sarebbe sparato, non udito da nessuno benché abitasse in un appartamento, sia per come era vestito. Lui, uomo colto e raffinato, ed ex ufficiale dell’esercito della Prima guerra, teneva molto all’eleganza. Si fosse suicidato di proposito non l’avrebbe di sicuro fatto coi mutandoni da notte come venne trovato.

Ma la sorpresa più grossa, di quelle possono dare i brividi, viene da Matilde Gambogi, la quale, abitando nella casa di Coreglia dei Mazzotti, è stata sollecitata a dedicarsi alle ricerche sulla loro morte, a seguito di misteriosi passi che, di notte, sentiva nel corridoio pur non essendovi nessuno. Un fenomeno esoterico, che sarebbe piaciuto a Honoré de Balzac e a Conan Doyle, cultori di spiritismo. Dopo le ricerche, sulla verità di questi due presunti suicidi, i passi sono cessati. Altro aspetto oltremodo inquietante emerso nella serata a teatro riguarda  la domestica di casa Mazzotti, Irma, che dopo la morte di Nicolao e Leonello tentò di uccidersi, quasi per sfuggire a qualcosa che aveva veduto o udito. “Salvata - racconta la Gambogi- fu internata in manicomio. Più volte interrogata non parlò mai e non fu di nessun aiuto per le indagini. Colpisce la discrepanza tra l’ora del suicidio del Mazzotti figlio dichiarata nel certificato di morte e quella scritta nell’articolo de Il popolo Italiano. Il certificato riporta la dichiarazione di due testimoni che fanno risalire il suo decesso alle tre del 21 aprile e stranamente si evita di usare la parola suicidio, probabilmente ciò è dovuto al fatto che, nel regime fascista, ogni semplice accenno a questa pratica fosse proibito in maniera rigorosa.

”Siamo, senza ombra di dubbio, dentro un intrico che va ben oltre Coreglia e le Mura di Lucca, e che non è escluso, se le ricerche proseguiranno, che vengano alla luce risvolti e scoperte che potrebbero anche aiutarci a capire meglio un periodo storico che gli studiosi non hanno mai cessato di approfondire. Storie di provincia, cui a suo tempo non fu dato il dovuto rilievo. Il regime fascista seppe occultarle, chissàse addirittura avvalendosi dell’ Ovra, la polizia segreta, attiva fin dal 1927, e che ebbe così modo di esercitarsi nell’arte de crimine senza esporsi molto. Eravamo, appunto, in provincia.