"Io, infermiera e orgogliosa: così lottiamo ogni giorno"

Dalla paura ai sorrisi agli intubati in una battaglia ostinata contro la morte: la lettera di Federica Pieroni dalla terapia intensiva del S.Luca

La vestizione di un infermiere: vengono indossati tuta, maschera e tre paia di guanti

La vestizione di un infermiere: vengono indossati tuta, maschera e tre paia di guanti

Lucca, 6 aprile 2020 - Una lettera fiume . Dritta dal cuore del campo di battaglia, il reparto di terapia intensiva del San Luca. E’ quella scritta da Federica Pieroni, infermiera con 30 anni d’esperienza alle spalle. Ecco il suo racconto senza filtri (se non quelli di spazio). La sua è la voce di chi ogni giorni va al lavoro con il timore nel petto e l’orgoglio in volto. Una voce pronta a dire grazie, senza chiedere nulla in cambio. «Mi chiamo Federica lavoro da diversi anni presso la terapia subintensiva delSan Luca ora adibita a terapia intensiva vista l’emergenza Coronavirus. L’emergenza di questi giorni mi ha travolto e stravolto”sia professionalmente che umanamente e se per tutti è cambiato qualcosa per noi infermieri è cambiato tutto e in un solo istante. Lavoriamo 8-10 ore, dentro tute impermeabili che fanno invidia a quelle dimagranti, con tre paia di guanti che ci proteggono ma che intralciano il nostro lavoro, dentro mascherine che ci fanno respirare peggio dei pazienti e visiere che ci rendono irriconoscibili. Si corre da un paziente all’ altro, da un allarme all’altro preoccupandosi di "risolvere l’imminente problema". A ritmi quasi al limite del livello di sicurezza per noi e il paziente. Ci incrociamo e spesso, nella fretta, ci scontriamo urtandoci le spalle, incrociando solo per un attimo i nostri sguardi smarriti e stanchi. Ma ognuno va dritto e deciso per la sua strada a fare ciò che sappiamo fare meglio: aiutare e assistere i nostri pazienti. Non è semplice la vita lì dentro credetemi. Non parlo della fatica fisica che ha il suo bel peso, ma del carico di stress professionale e umano. Negli sguardi dei pazienti leggi la paura, la preoccupazione e l’ansia, ma anche la solitudine e lo smarrimento che li accompagna e tu, infermiere, non puoi permetterti di trasmetter loro le tue insicurezze, la tua stanchezza, agitazione, tensione , quel senso di sconforto che a tratti ti assale. Non puoi farti trovare impreparato davanti a un allarme di un monitor o di un respiratore o ai tanti suoni che riecheggiano nei corridoi". « Non puoi avvicinarti a loro senza avere un sorriso sulle labbra, non puoi negare loro un sorso d’acqua quando stanno ore attaccati a una maschera che ti spara aria in bocca. Non puoi non stringer loro la mano negli ultimi istanti della loro vita e per quanto noi infermieri dovremmo essere abituati alla morte, vi assicuro che non ci si abitua. Si aggrappano ai nostri occhi come fossero porti sicuri e anche se tu, forte, non ti ci senti lasci che ci si aggrappino cercando di dir loro semplicemente una parola di conforto. E così, anche in una situazione così c’è il giusto spazio per il rispetto della vita altrui e della dignità umana: è ciò che a noi infermieri più importa. Nessuno viene trascurato, lasciato solo. Abbiamo tablet per farli parlare in videochiamata con i parenti ,se non riescono a mangiare da soli ci siamo noi o i nostri meravigliosi Oss che con calma li imboccano. Ce ne prendiamo cura perché fa parte del nostro essere. Abbiamo fatto e faremo ancora del nostro meglio grazie anche all’aiuto dei nostri bravissimi medici che si spendono e si spandono senza sosta per tutti, infermieri compresi. Eppure non c’è mai stata tra di noi una parola di sconforto o di abbattimento, anzi agguerriti e fieri indossiamo i nostri elmetti pronti ad affrontare la nostra giornata. Sono onorata di far parte di questa categoria di cui si parla poco e spesso male, spesso mortificata da giornali e opinione pubblica". "Mai mi sono mancati i dispositivi di sicurezza e di questo posso ringraziare tutta la mia direzione Infermieristica e i miei fantastici coordinatori nonché le varie associazioni pubbliche e private che si stanno prodigando per farci avere tutto ciò di cui necessitiamo. Per non parlare dei semplici privati, proprietari di negozi, pizzerie, produttori di caffè (ringrazio la Torrefazione Bonito che ci ha fornito la macchina del caffè e cialde a non finire: le notti sono lunghe e faticose). Grazie alle paste (che piacere che ci date), ai grossi scatoloni pieni di cibo: grazie e grazie ancora a tutti voi. Un ringraziamento particolare va alla mia DirezioneiInfermieristica e ai nostri coordinatori Roberto Letizia e Sauro sempre vigili e presenti. Hanno saputo riorganizzare al meglio tutto il personale smistandolo e concentrandolo dove più ve ne era bisogno. Non potete immaginare la loro fatica fisica e mentale. Sempre calmi e disponibili ci risolvono i continui e innumerevoli problemi che ogni giorno si presentano. La nostra Direzione Infermieristica guidata da Luciana Traballoni si è subito attivata reclutando nuovo personale sempre pronta e disponibile ad ascoltare le nostre esigenze. I nuovi arrivati sono giovani e inesperti ma hanno una carica e un pieno di energia da fare invidia. La nostra compattezza e la vostra solidarietà ci fanno andare avanti. Tutti uniti, forti e agguerriti. Non eroi, ma semplici infermieri. Grazie ancora a tutti coloro che ci sostengono in questi giorni e grazie a tutti i componenti della mia meravigliosa squadra che mi ha fatto sentire fiera e orgogliosa di essere questa semplice infermiera". © RIPRODUZIONE RISERVATA