“Dall’incubo alla speranza“ Roberto ha donato il plasma

Il 55enne di Segromigno, dirigente della “Fendi“, racconta la sua storia "Primi sintomi il 25 febbraio, poi il ricovero. E’ stata dura, ora penso agli altri"

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La storia di Roberto è come di quella di tanti altri che in questi mesi hanno visto in faccia la morte a causa del Covid 19 e che oggi può raccontare quella terribile esperienza, nel giorno che ha deciso di donare il suo plasma “iperimmune“, ricco di anticorpi, per aiutare chi domani potrebbe essere colpito da questo terribile virus.

Roberto Scaramucci 55enne di Segromigno Piano è un dirigente della Fendi e si occupa della gestione della calzature femminili del famoso brand italiano. Ieri si è recato al centro trasfusionale del San Luca, per donare il plasma, riconosciuto come cura per chi viene colpito dal Coronavirus.

"Ho vissuto insieme alla mia famiglia il periodo più brutto della mia vita – racconta Roberto con emozione, ripercorrendo i giorni della sua malattia – era il 25 febbraio scorso, mi trovato a Porto San Giorgio nella Marche, dove ha sede l’azienda per cui lavoro, quando ho avuto i primi sintomi, brividi di freddo e febbre sopra i 37 gradi. Passata la notte la febbre aveva raggiunto i 39 gradi ed ho chiamato l’ospedale di Fermo dove mi hanno tranquillizzato invitandomi a assumere la tachipirina. Al momento sembrava aver fatto effetto tant’è che sono rimasto due giorni sfebbrato e sono potuto tornare a casa. Ma dopo il mio rientro, la temperatura si è nuovamente rialzata, le analisi tutte sballate e con mia moglie abbiamo deciso di andare al pronto soccorso di Lucca ed è cominciato il mio calvario. Analisi, isolamento e radiografie dopo una visita pneumologica il tampone, ed è stata diagnosticato un inizio di polmonite bilaterale. Quindi il trasferimento in malattie infettive". Per Scaramucci è iniziato il tormento, lontano da tutto e da tutti.

"Ho avuto la fortuna di riuscire sempre a respirare autonomamente, anche se sopportato da maschere di ossigeno – prosegue – sono stato trasferito in rianimazione, ma ho evitato l’intubazione. Ho assunto farmaci contro la malaria e l’HIV e naturalmente antibiotici. Sono contento di poterlo raccontare e ringraziare tutto il personale medico del reparto, veri e proprie angeli, ma ho visto passare accanto a me persone che purtroppo non ce l’hanno fatta, ed è stato veramente dura andare avanti. Mi aiutato pensare alla mia famiglia, mi ha dato forze e voglia di lottare".

Dopo 21 giorni di ospedalizzazione Roberto Scaramucci è uscito dall’ospedale ed ha potuto riabbracciare – idealmente - i suoi cari, che nel frattempo non sono stati contagiati. Nemmeno tra gli oltre 800 dipendenti della Fendi di Porto San Giorgio che lavorano con Roberto, sottoposti a controlli, è stato registrato alcun soggetto positivo al virus.

"Mi sono messo subito a disposizione per la donazione del plasma – continua il suo racconto Scaramucci – e grazie all’interessamento del gruppo Fratres don Barsantini di cui faccio parte, che ha fatto da tramite con la dottoressa Martinucci e la dottoressa Bonini del centro trasfusionale. Dopo le necessarie analisi e verifiche, mi hanno chiamato per la donazione che ho fatto molto volentieri". Quindi l’appello di Roberto: "l’emergenza si è archiviata solo in parte. Il pericolo resta e dobbiamo tutti prestare massima attenzione, dalla mia esperienza mi sento di fare un appello alla massima attenzione, soprattutto i giovani che dopo mesi di blocco forzato si sono sentiti in gabbia ed hanno voglia di evasione. Li capisco assolutamente ma dobbiamo rispettare le regole, non possiamo permetterci che un momento di svago debba trasformarsi di nuovo in tragedia".

Mauro G. Celli