Ricovero di 208 giorni per battere il Covid. "I no vax? Portateli a visitare un reparto"

Giorgi, 63 anni, ex presidente del corpo musicale di Altopascio è tornato a casa

Paolo Giorgi insieme alla moglie e alle tre figlie

Paolo Giorgi insieme alla moglie e alle tre figlie

Altopascio (Lucca), 14 ottobre 2021 - Una cittadina in festa. Per il ritorno a casa di Paolo Giorgi, 63 anni, di Altopascio, 208 giorni dopo e svariati ricoveri in ospedale a causa del Covid. Un record di cui l’ex presidente del corpo musicale di Altopascio avrebbe fatto volentieri a meno. Il ritorno nella sua abitazione è stato salutato dall’affetto di parenti e numerosi amici e anche dal sindaco Sara D’Ambrosio. Una storia a lieto fine anche se i postumi della malattia sono ancora difficoltosi. Soprattutto a livello respiratorio.

Ma riavvolgiamo il nastro, come si suol dire, Giorgi, ricorda come è iniziata questa odissea? "Purtroppo perfettamente, forse sarebbe meglio dimenticarla questa drammatica esperienza. Il virus ci ha contagiati tutti in famiglia. Il 16 marzo scorso, il personale Usca, le Unità Speciali di Continuità Assistenziale, rilevò un peggioramento e venni condotto, insieme a mia moglie Anna Maria in ospedale, lei in sub intensiva, io in terapia intensiva. Eravamo ad un piano di distanza, ma nessuno sapeva niente dell’altro. E questo ha creato ansia e preoccupazione. Mentre lei ha avuto un decorso regolare, io ho avuto un tracollo". Che è accaduto? "La polmonite bilaterale mi stava devastando, ho subito una tracheotomia e poi sono stati intubato. Non miglioravo e pensavo che non ci avrei levato le gambe, poi la svolta…". Cosa le ha salvato la vita? "La presenza a Cisanello di una macchina chiamata Ecmo che provvede ad eseguire l’ossigenazione venosa". C’è una sensazione dolorosa che ricorda in maniera particolare? "La percezione di essere all’interno di una bolla di sapone e di respirare acqua. Ho ancora delle visioni se ci ripenso. E’ terribile. Ve lo assicuro. I primi mesi si sono rivelati tremendi. Meno male che successivamente ho cominciato a rivedere la luce in fondo al tunnel, le mie condizioni hanno avuto un lento, ma graduale miglioramento. Poi ho dovuto fare la riabilitazione, perché avevo muscoli completamente atrofizzati e nervi ormai deteriorati. Prima all’ospedale Versilia, infine a Barga".

La moglie Anna Maria, commossa, subentra nel racconto: "E’ stato grande, gli specialisti gli facevano fare esercizi al mattino e lui ha preteso di ripeterli anche di pomeriggio, per accelerare la ripresa". "Nelle ultime settimane - aggiunge Paolo Giorgi - potersi alzare dal letto, mangiare sul tavolo della camera, mi ha fatto apprezzare ancora di più certe azioni quotidiane alle quali spesso non diamo nessuna importanza. Così come determinante essere finalmente a casa, ho sempre avuto il conforto della famiglia, magari ogni dieci giorni, ma mia moglie e le mie figlie mi hanno trasmesso calore e speranza. Inoltre vorrei aggiungere un dato…". Prego. "Oltre a ringraziare medici e infermieri di tutti gli ospedali in cui ho trascorso questi sette mesi, voglio spezzare una lancia per i giovani, spesso se ne parla male, ma in ospedale da loro, ho riscontrato professionalità, umanità e sensibilità del personale". Lei è entrato in ospedale nel pieno del lockdown ed è uscito quasi sette mesi dopo in una situazione di quasi normalità. Che ne pensa? "Che serve prudenza. Ci sono regole severe sul lavoro o si vede chi non si mette la mascherina da vicino. La normalità piace a tutti, ma, appunto, serve prudenza. I no vax ? Suggerirei di condurli cinque minuti in un reparto Covid per verificare la sofferenza dei pazienti".