Filippina entra in negozio e tossisce. "Esca fuori, non ha la mascherina"

L’episodio è accaduto in un esercizio commerciale della periferia. "Mi sono sentita discriminata" Ma la titolare chiede scusa: "Non sono razzista, ero spaventata dall’idea del contagio: mi dispiace"

Alcuni test sulla positività effettuati nel reparto di malattie infettive

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Lucca, 22 febbraio 2020 - Un colpetto di tosse, con mano davanti alla bocca, scappato a una donna con gli occhi a mandorla e di origine filippina. Tanto è bastato ieri mattina in un negozio nell’immediata periferia di Lucca per innescare 5 minuti di psicodramma terminati, per fortuna, con un lieto fine. Protagonista della vicenda una cittadina di origine filippina da 16 anni residente in città. La donna, una 35enne, è entrata nel negozio per acquistare delle figurine adesive per il proprio figlioletto. Ma la negoziante si è rifiutata di servirla, con una risposta che le ha gelato il sangue. "E’ senza mascherina, io non la conosco, mi devo tutelare".

La 35enne all’inizio pensava di non aver capito. E ha insistito: "No, non voglio una maschera di carnevale, ma delle figurine...". La replica: "No, si deve mettere la mascherina, non la posso servire". Lì la filippina, pur sotto choc, ha capito. Ha capito di esser stata ’scambiata’ in virtù dei suoi occhi a mandorla, per una potenziale portatrice di coronavirus. Dopo aver cercato di spiegare che lei era sana, non aveva febbre e che non c’era nessun bisogno o obbligo di indossare la mascherina, la negoziante a tagliato corto: "Non posso, se ne deve andare" e l’ha accompagnata verso l’uscita, chiudendo poi la porta del negozio. "A chiave" specifica la 35enne. La filippina è rimasta di sasso. E dopo si è sfogata, sentendosi discriminata solo perché straniera: "Anche se fossi stata cinese - dice - nessuno può permettersi dì trattare qualcuno in questa maniera: è sia una forma di razzismo che di maleducazione. Ci sono rimasta male. Lavoro e vivo a Lucca da 16 anni. Non è piacevole venire giudicati in questa maniera solo per la propria pelle. Non ho chiamato la polizia solo perché non avevo tempo". Ma quei 5 minuti l’hanno scossa dentro. "Dopo volevo andare al supermarket ma avevo paura che qualcuno non mi facesse entrare". L’episodio è stato confermato dalla negoziante, che, contattata telefonicamente però ha tenuto a fare delle precisazioni. E porgere le proprie scuse per quei 5 minuti di ‘alta pressione’. "Ammetto di essermi spaventata e mi scuso con la signora. E’ stata colpa della tensione di questi giorni con la diffusione del coronavirus. Ogni giorno abbiamo a che fare con centinaia di persone: ho chiamato il nostro sindacato per capire se ci sono direttive da seguire". E la fobia ha scavato un precipizio tra la realtà e la percezione del pericolo. Quando per dirla con Mark Twain una bugia fa in tempo a viaggiare per mezzo mondo mentre la verità si sta ancora allacciando le scarpe. Così il colpetto di tosse scappato alla 35enne in negozio ha innescato la reazione della titolare. "Avevo appena finito di ascoltare una notizia su un caso di contagio ed ero spaventata. Mi scuso con questa donna con cui non ho riparlato. Il razzismo non c’entra, sono straniera anche io". Claudio Capanni © RIPRODUZIONE RISERVATA