Padre e figlio, suicidi in contemporanea. A teatro per scoprire la verità

Un ingegnere e il padre si uccisero nelle stesse ore a Lucca e Coreglia. Novant'anni dopo un discendente convoca sul palcoscenico avvocati e storici. Fra spettacolo e realtà

Foto del 1925: in alto a destra Fortuna e Giuseppe Mazzotti

Foto del 1925: in alto a destra Fortuna e Giuseppe Mazzotti

Lucca, 14 novembre 2019 -  Le tragedie si portano sempre dietro un alone di mistero. Attorno al quale può accadere lavorino talvolta ricercatori, storici e registi. Il 20 aprile del 1928 a Lucca e a Coreglia Antelminelli morirono quasi contemporaneamente, sembra suicidandosi, l’ingegnere Leonello Mazzotti e il padre Nicolao, esattore. Il primo si sparò, l’altro si gettò da una rupe poco distante dal paese, che verrà poi denominata “grotte del Mazzotti”. Oggi un loro discendente, Leonello, pure lui ingegnere, ha voluto rievocare quella tragedia con la partecipazione di ricercatori e avvocati, ognuno dei quali svolgerà il proprio ruolo tra legami e memorie familiari subordinate a quell’epoca.

Un evento serio, a cui partecipa anche la Sezione di Coreglia dell’Istituto Storico Lucchese. Così che venerdì 15 novembre alle ore 21 al teatro comunale “A Bambi” di Coreglia Antelminelli si svolgerà la rappresentazione di “Una Tragedia Coreglina” che ancora fa discutere. A sollecitare Leonello ad allestire questa rievocazione, oltre l’affetto per gli antenati, è stato un biglietto di addio lasciato dal suo omonimo al nonno di lui, Giuseppe Mazzotti (foto in alto). Un biglietto, dice Leonello, dove sono scritte sofferte parole di commiato, e che lui conserva come una reliquia.

E’ infatti dalle ultime parole di un suicida che si può cercare di capire i momenti di disperazione, che l’hanno indotto oppure costretto a compiere il gesto. Inquietante il fatto che Leonello e Nicolao, sebbene da località diverse, abbiano deciso di chiudere con la vita quasi in contemporanea. Prima uno, poi l’altro, come se entrambi, fossero stati assaliti dalla medesima, inevitabile afflizione, che fece loro vedere o capire qualcosa che non potevano evitare e, forse, neanche raccontare. Il loro stesso destino era divenuto, chissà per quale misterioso risvolto, il loro sicario? Almeno così appare a prima vista. Ma ogni medaglia ha il suo rovescio.

Eravamo nel 1928. Epoca assai travagliata, il fascismo cominciava a mostrare il suo volto, e loro, si può pensare, dovevano aver presagito che il mondo stava avviandosi verso la catastrofe della Seconda guerra mondiale, quando ancora erano vivi i ricordi della Prima, coi reduci che solevano raccontarla, con dovizia di particolari, nelle veglie e nelle osterie. Particolari atroci, che continuano ad emergere dagli studi degli storici, ma che narrati dai sopravvissuti dovevano essere molto più incisivi e desolanti, fino a colpire, nel profondo, gli animi più sensibili. Constatazioni generiche, le nostre, che si soffermano, un attimo, su come si viveva in quei tempi, e che niente aggiungono o tolgono ai due protagonisti della storia. Riguardo alla quale ci viene in soccorso Leonello, il quale sostiene che su questo doppio suicidio perdurano ancora dei dubbi. Dubbi legittimi, vien voglia di aggiungere, perché niente si può escludere, nemmeno che siano stati “suicidati”. Qui il campo delle ipotesi sarebbe infinito, e potrebbe essere materia di un romanziere o di un regista, sempre che, da queste ricerche, sia emerso qualcosa di insolito e di intrigante, come non si può escludere sia avvenuto o avvenga, visto che a distanza di novant'anni se ne continua a parlare. Un evento che la memoria non solo di Coreglia, ma dei paesi circostanti, continua a tramandare, perché avvolto da un mistero che nessuno è riuscito a svelare. Proprio per questo può darsi che stavolta venga alla luce qualcosa di nuovo, convinti come siamo che la verità, può venire a galla quando meno ce lo aspettiamo. E, in questo caso, sarebbe l’ora.