Lucca, 4 febbraio 2014 - Per chi ancora si immagina rom e sinti come amanti della vita itinerante, tutti stretti intorno al fuoco, sempre pronti a trasferirsi in altre città con la propria roulotte, deve ricredersi. Loro le case le vogliono eccome, la stanzialità gli è entrata sottopelle al punto che il campo di via delle Tagliate, che dovrebbe essere di passaggio, per alcuni è dimora fissa da due-cinque anche dieci anni e oltre. Lasciamo che nel dibattito di questi giorni sul progetto del Comune di costruire le casette di legno in via delle Tagliate — anzi no — di ristrutturare 7 appartamenti in via Brunero Paoli, entrino anche i diretti interessati: rom e sinti che occupano le due ale del campo nomadi con una convivenza spesso non facile. Ma uniti da un punto fermo: le case si devono fare, anche per chi — più di uno — ci confessa candidamente di essere stato sfrattato dalle case popolari di S.Anna perché da tempo non pagava l’affitto.

«Certo, vogliamo una casa — dice Adrian — . Io in Romania vivevo in una casa, ora da 5 anni sono qui con due figli e nipoti, arrangiato in una roulotte, con 93 euro di bolletta Geal e 100 di luce. Neanche i cani vivono così, in mezzo alle pozzanghere e al freddo. Non ci hanno dato nemmeno le bombole per riscaldarsi, soltanto gli estintori, uno per piazzola». Gli chiediamo se lavora e annuisce. Gli chiediamo perché ha una bella Audi berlina parcheggiata accanto alla sua roulotte. «Una macchina come un’altra. In Romania costano meno…». Molti ci vengono incontro per dirci che si arrabattano con alcuni lavoretti (commercio auto, trasporti, vendita ferro) e che a volte non riscuotono perché il ‘capo’ gli contesta il lavoro, che devono pagare l’acqua maggiorata per via del nuovo impianto («ma il contatore mica ce lo portiamo via?»), che non rubano anche se «le mele marce sono ovunque», che ci sono bimbi piccoli nati prematuri che non possono vivere così, e che la scalata alle graduatorie delle case popolari dà qualche buona speranza. Molti sono iscritti da tempo.

«Io ho 8 punti — ci dice una giovane mamma rom — dovrei essere vicina alla casa, ma mi hanno detto che forse scenderò, non so perché. E’ un’altalena continua, non c’è da capirci niente». Alcuni ragazzi sinti, uno dei quali con orgoglio ci dice che è «contrattualizzato» e lavora 14 ore al giorno, ci indicano le pozzanghere tra le roulotte. «Quattro mesi fa hanno fatto tanti lavori: tubature nuove agli impianti, ghiaino e piazzale ‘nuovo’. Adesso siamo di nuovo punto e a capo». Scuote la testa Nico, 55 anni, sposato, separato e poi riaccompagnato con una ragazza. Una presenza storica la sua: è qui da 12 anni, con un intermezzo di vita in un alloggio popolare della periferia. Ma l’affitto era troppo salato.