Processo Morosini, un infermiere: "Dissi due volte che c'era il defibrillatore"

La testimonianza di un volontario in servizio allo stadio quando morì il giocatore del Livorno: "Nessuno lo usò né mi disse di usarlo"

Il giocatore del Livorno Piermario Morosini (a sinistra) prima del malore fatale

Il giocatore del Livorno Piermario Morosini (a sinistra) prima del malore fatale

Livorno, 2 maggio 2016 - Al processo per la morte di Piermario Morosini (il calciatore del Livorno morto in campo il 14  aprile 2012 durante Pescara-Livorno) depone Marco Di Francesco, un infermiere del 118 che era in servizio come volontario della Misericordia quel giorno allo stadio Adriatico di Pescara. 

«Quando sono arrivato in campo _ha detto Di Francesco_ c'erano già il medico del Pescara Sabatini e quello del Livorno Porcellini, il defibrillatore era aperto all'altezza della testa di Morosini, ma non so se era acceso, e io ho segnalato per due volte che c'era il defibrillatore, ma nessuno lo ha utilizzato e nessuno mi ha detto di utilizzarlo».  

Il decesso, secondo quanto accertato dall'autopsia, venne causato da un arresto cardiaco dovuto ad una cardiomiopatia aritmogena. Nell'ambito del processo, che ruota principalmente attorno al mancato utilizzo del defibrillatore prima dell'arrivo di Morosini in ospedale, sono imputati, con l'accusa di omicidio colposo, i medici del Pescara, Ernesto Sabatini, del Livorno, Manlio Porcellini e del 118 di Pescara, Vito Molfese.

«Normalmente chi arriva prima guida le operazioni - ha proseguito Di Francesco -. Non so chi arrivò prima quel giorno, ma Porcellini stava eseguendo un massaggio su Morosini, dunque è probabile che sia arrivato lui per primo e che fosse lui il leader in quel momento. Molfese ha soltanto guardato e non ha fatto niente - ha aggiunto l'infermiere -. C'era una grande confusione e nessuno dava disposizioni». Attraverso le testimonianze sono stati ricostruiti tutti i passaggi principali, dal momento in cui Morosini si è accasciato a terra, al ventinovesimo minuto del primo tempo, fino all'arrivo al pronto soccorso di Pescara.

«Quando entrai in campo con la barella, mi accorsi subito che il giocatore non stava bene - ha riferito Andrea Silvestre, volontario della Croce Rossa che quel giorno si trovava a bordo campo -. Per precauzione andai a prendere il defibrillatore e lo aprii vicino alla testa del giocatore, senza accenderlo». A precisa domanda del pm, Silvestre ha risposto: «Non ho sentito nessuno dire di utilizzare il defibrillatore». Circostanze confermate dall'infermiere del 118 Bruno Rossi e dalle volontarie della Croce Rossa Claudia Compagnoni e Alessia Consigli, tutti e tre in servizio allo stadio Adriatico il 14 aprile del 2012.

«Ero sull'ambulanza che trasportò Morosini in ospedale e ricordo che il dottor Paloscia eseguì un massaggio cardiaco durante il percorso - è uno dei passaggi della testimonianza di Giacomo Bolognesi, fisioterapista del Livorno calcio -. Qualcuno disse di utilizzare il defibrillatore, ma non venne fatto». Il defibrillatore venne applicato solo in seguito, al Pronto Soccorso di Pescara, ma per il calciatore non c'era più nulla da fare