Trent'anni dalla 'beffa' di Modigliani: inaugurata la mostra con le false teste

L'esposizione in Fortezza Vecchia durerà fino al 14 settembre / FOTO

Le opere dei tre amici Francesco Ferrucci, Piero Luridiana e Michele Ghelarducci (foto Novi)

Le opere dei tre amici Francesco Ferrucci, Piero Luridiana e Michele Ghelarducci (foto Novi)

Livorno, 25 luglio 2014 - Al via la mostra con le tre pietre scolpite raffiguranti volti di donna trent'anni fa erroneamente attribuite ad Amedeo Modigliani. Stasera è stata inaugurata l'esposizione a Villa Maria. Ieri il giorno dell'anniversario: trent'anni esatti dalla famosa beffa delle 'teste' di Modigliani.

Da oggi i 'Falsi di Modigliani' sono dunque in mostra in Fortezza Vecchia, fino al 14 settembre. Nell'allestimento, grazie ad alcuni pannelli, è possibile ripercorrere la documentazione e le storie che hanno accompagnato il ritrovamento dei falsi. Una vicenda che fece il giro del mondo a partire proprio da quel 24 luglio del 1984, giorno in cui fu ripescata, dalle acque limacciose del Fosso di fronte al Mercato centrale, la prima delle tre teste attribuite al genio di Amedeo Modigliani e che invece si rivelò una delle due scolpite dallo scultore livornese Angelo Froglia. Subito dopo fu ripescata quella realizzata con martello e scalpello dai tre amici livornesi Francesco Ferrucci, Piero Luridiana e Michele Ghelarducci e infine, la settimana successiva, l'ultima testa sempre di Froglia.

"Era tutto legato agli avvenimenti del momento - racconta Michele Ghelarducci, ricordando come nacque l'idea della beffa - In quei giorni in città, a Villa Maria, fu organizzata una mostra sulle sculture di Modigliani, 'Modigliani gli anni della scultura' appunto, e parallelamente avevano autorizzato questo dragaggio, seguendo la leggenda per la quale lo stesso Modi' avesse gettato per malcontento nel fosso una sua scultura. Era da una settimana che cercavano senza trovare nulla e allora ci venne l'idea: prendemmo una pietra nel giardino di un amico e in un paio di pomeriggi, tra risate e bevute di aranciata, la scolpimmo con martello, scalpello e qualche cacciavite. Poi alle due di notte del giorno successivo la gettammo nel fosso direttamente dalla spalletta: un signore ci vide e lo andò anche a raccontare in Comune, ma nessuno gli credette".