"Gioco d'azzardo, percorso complesso. Ma tutti possono guarire"

La responsabile del SerT, Lucia Marino, spiega diagnosi e cura della dipendenza

Gioco d'azzardo (foto repertorio)

Gioco d'azzardo (foto repertorio)

Livorno, 5 febbraio 2017 - L’identikit livornese del giocatore d’azzardo è: maschio, tra i 40 e i 45 anni coniugato con un figlio e un lavoro stabile. Il suo «demone»? La slot machine. «La patologia si diagnostica attraverso sintomi specifici – spiega la dottoressa Lucia Marino, responsabile del SerT – Si sviluppa una certa attitudine alla menzogna, con una pericolosa sindrome da astinenza che comporta irascibilità unita al desiderio di giocare all’inifinto per recuperare i soldi persi». Il gioco d’azzardo viene monitorato e contenuto da una rete territoriale di servizi molto fitta, prima tra tutti l’associazione San Benedetto attiva ormai dal 1985: un centro diurno che opera nel campo delle dipendenze. Senza dimenticare altre realtà come Caritas, Auser, Svs e Arci solo per citarne alcune. «Le persone vengono spesso accompagnate dai familiari – spiega la Marino – ma arrivano anche volontariamente. Diciamo che la luce in fondo al tunnel c’è sempre, anche se per ciascuno il percorso di recupero e i tempi conseguenti sono diversi. La persona ha certamente la possibilità di essere recuperata, ma bisogna tenere presente quanto le dipendenze sono situazioni complesse. La cura consiste soprattutto nella psicoterapia, di tipo individuale e familiare. Possono essere disposte consulenze di tipo psichiatrico o ancora si può procedere con l’analisi di aspetti economici individuali. A questo proposito, si attiva anche un tutoring».   La città, a testimonianza dell’impegno alla lotta all’azzardo, oltre ai progetti nelle scuole come il fortunato «Gioco scaccia gioco - Scacchi e dama contro la ludopatia», ospiterà in autunno il «Conagga» ovvero il Coordinamento nazionale gruppi per giocatori d’azzardo. «Inoltre avvieremo progetti di prevenzione ancora in fase di sviluppo a livello regionale, per giovani e non solo – conclude la Marino – Lo scorso dicembre, inoltre, è stata fatta formazione con gli esercenti e la Asl, per un confronto costruttivo sugli obiettivi di salute. Anche la Prefettura è molto sensibile, l'importante è sapere che tutti possono guarire». 

Il demone del gioco non guarda in faccia nessuno, eppure non si nasconde affatto. Basta pensare che la probabilità di centrare un «6» al Super Enalotto è di una su 622 milioni e 614mila, mentre per fare un «10» al Dieci e lotto le probabilità sono una su 30 milioni e 963mila. Insomma, di fronte alla statistica il giocatore non molla. Spinto dal desiderio di risolvere i problemi con un colpo di fortuna, oppure con la semplice – e distruttiva – intenzione di riuscire a recuperare tutto il denaro, purtroppo, già perduto.