Livorno, 31 ottobre 2009 - COS’È quel monumento fatiscente, ricoperto di scritte e disegni che si staglia dalla macchia mediterranea sul crinale della collina di Montenero? La domanda viene posta ad un livornese impegnato a fare jogging sulla salita del santuario. «E’ il monumento a Ciano», risponde; poi gira le spalle e tira dritto. O ciò che ne resta, è proprio il caso di dire, di questa parte di storia che la città sembra voler dimenticare. Ma la solennità marmorea della struttura si fa beffa di un oblio che, fino ad oggi, è stato vittorioso. E la memoria lotta per conquistarsi il passato anche se, guardandolo, ci appare pieno di rovine ma anche di ideologie ripudiate, tanto che la terrazza più famosa di Livorno, ultimata nel 1928, ed intitolata a Ciano fu dedicata, nel 1943, al musicista Pietro Mascagni. Il mausoleo, di proprietà demaniale, è su un terreno privato come l’area sottostante, sulla quale due massicce ruspe di fanno posto tra gli alberi. Sulla cancellata che delimita il cantiere si legge: «Ripristino ambientale dell’ex sito di Monteburrone con terreni provenienti da lavori pubblici’ autorizzazione edilizia 65/2008». Per ora si vedono solo piazzali ma la presenza di ruderi nella zona in lavorazione fanno pensare ad una lottizzazione proprio all’ombra del monumento. Ai piedi del mausoleo, il sarcofago che doveva ospitare le spoglie di Costanzo Ciano, il cui nome si può ancora leggere sul lato del marmo rosso deturpato dalle scritte. Un’inferriata, in parte divelta, ne delimita l’ingresso. Appare uno scenario spettrale con la grande cupola che protegge la vegetazione ormai padrona di casa. Nella penombra si vedono due file di colonne mentre ottantasei scalini, ricoperti di scritte ed in parte rovinati dal tempo, accompagnano la salita sulla sommità del monumento. Da qui si domina la costa toscana con un panorama mozzafiato che ha incantato molti innamorati, come dimostrano le infinite scritte lasciate sulla pietra, quasi fosse un libro dei ricordi. Invece il mausoleo a Ciano nacque come monumento agli eroi del mare, firmato dallo scultore Arturo Dazzi.

 

«I PIEDI del monumento sono rivolti al mare — spiega l’architetto Riccardo Ciorli, apprezzato storico livornese — la scalinata in marmo fra Ardenza ed Antignano rappresentava l’accesso dal mare al mausoleo; lì infatti, i visitatori, arrivati a bordo delle imbarcazioni, avrebbero trovato una funicolare per raggiungere il museo». A segnalare ii luogo un faro alto 40 metri, ben visibile anche da Lerici. «E la statua imperante di Ciano sulla barca — continua Ciorli — che doveva ricordare la beffa di Buccari. Parte di questa statua si trova ancora nelle cave della Maddalena, sull’isola di Santo Stefano. Oggi vediamo una costruzione che è la metà del progetto originario». Nel dopoguerra il monumento del mare si trasformò in mausoleo. «Livorno è una delle poche città sulla costa che non ha un monumento dedicato agli uomini di mare — dice Ciorli — e questo era il progetto originario fatto, concettualmente, in maniera moderna anche perché, durante i bombardamenti, continuava la costruzione della struttura da parte dello Stato Italiano». Tre materiali, il marmo di Carrara, la pietra volterrana ed il cemento armato, si uniscono per forgiare questo colosso architettonico. «E’ stato costruito con sistema americano ovvero intorno alla gru che è rimasta inglobata nella struttura. Anche il più grande grattacielo al mondo, quello di Dubai, sarà realizzato con questo sistema». Il mausoleo, dove si possono vedere due sarcofagi semidistrutti, non ha mai ospitato le spoglie di Ciano, che sono al cimitero della purificazione. Ma di tutto questo i ragazzi livornesi, che si nascondono dietro le mura del mausoleo per un bacio furtivo, sono destinati a conoscere ben poco.