La Spezia, 27 settembre 2012 - «PER CARITA’, non voglio fare polemiche. Questo è il momento di essere costruttivi». Ma suo malgrado un po’ polemico e un po’ costruttivo, Enzo Papi lo è sempre. E’ un tratto scritto a fuoco nel suo dna di imprenditore che osa dove altri si ritirano, o al massimo trovano soluzioni di compromesso. E anche sulla vicenda Acam il presidente di Termomeccanica ha da dire la sua.

Papi, Termomeccanica ha guadagnato una commessa importante. Quali saranno le ricadute per il territorio spezzino?
«Il progetto del termovalorizzatore rientra nelle strategie di un’azienda che da 40 anni cerca di compensare la caduta verticale degli investimenti pubblici in Italia con l’apertura verso i mercati esteri. E i frutti cominciano a vedersi. Speriamo che da qui a fine anno accadano altre cose».

Lo stabilimento della Spezia sarà coinvolto nella produzione dell’impianto?
«Per alcuni componenti ci sarà sicuramente anche un impegno del personale spezzino, ma la ricaduta economica sarà spalmata su tutto il territorio nazionale. Termomeccanica assemblea pezzi e componenti in varie parti d’Italia».

Termovalorizzatore vuole dire smaltimento dei rifiuti. Concetti che alla Spezia chiamano in causa il disastro Acam. Lei che idea si è fatto?
«La stessa che ha espresso il presidente degli Industriali Giorgio Bucchioni. Negli anni la politica ha nominato nei consigli di amministrazione un numero eccessivo di componenti: scelte fatte secondo criteri di appartenenza partitica più che in funzione della qualità espressa. Il ‘governo’ della società non è stato all’altezza della situazione e i risultati si vedono. Nel tempo ogni parte politica ha espresso al management le proprie esigenze di consenso elettorale, con riverberi sia sull’occupazione sia sugli investimenti, rivelatisi spesso poco remunerativi. Ma è inutile far polemiche sul passato, bisogna guardare avanti. La politica ha molto da rivedere nei suoi comportamenti e in parte ha cominciato a farlo».

Allude alle recenti esternazioni del sindaco Massimo Federici?
«Federici non ha responsabilità per quanto accaduto. Le colpe più grandi sono a carico del suo predecessore. Credo che se di ‘processo politico’ si debba parlare ad essere chiamato in causa dovrebbe essere Giorgio Pagano. In questi anni Federici ha cercato di gestire una situazione già largamente compromessa e che avrà il suo epilogo».

Che cosa intende con epilogo?
«La situazione non è sanabile senza importanti interventi di ristrutturazione, sul piano istituzionale, finanziario e operativo».

Si riferisce alle procedure del 182?
«Quella è la premessa, ma non è sufficiente. I problemi finanziari passano attraverso la ristrutturazione del debito e attraverso le cessioni, non obbligatorie ma probabilmente utili. Poi c’è il capitolo relativo all’efficientamento dei servizi e della gestione del personale: serve una riorganizzazione e qualora dovessero essere individuate delle eccedenze devono essere gestite tenendo conto dei problemi delle persone, ma anche delle colpe passate, e quindi dei possibili sbocchi».

Ci sono stati anche segnali di apertura, direi quasi di ‘corteggiamento’, da parte della politica locale nei confronti di Termomeccanica. C’è qualcosa di concreto?
«Al momento niente di concreto. Per aprire un tavolo di confronto servono volontà vere, non le volontà del sembrare. Quando ci sarà l’intenzione di discutere seriamente i problemi, troveranno la nostra disponibilità. Ma la priorità non può avere a che fare con esigenze di sistemazione di immagine della politica».

Nella vicenda Acam uno dei nodi che tornano continuamente al pettine, a volte anche strumentalmente, è quello della discarica di servizio. Oggi si punta sul sito di Mangina, che è in parte di proprietà Salt e in parte di proprietà Termomeccanica. Cosa può dirci?
«Non ho avuto contatti di tipo formale. Insomma, allo stato non c’è niente di concreto. Quello che sappiamo lo abbiamo appreso dalla lettura dei giornali. Vedremo...».

La sua valutazione?
«Credo che il terreno sia destinato da sempre a usi ecologici. E sicuramente individuare una discarica di servizio è cosa ragionevole. Assai più ragionevole rispetto al fatto di continuare a portare i rifiuti all’estero, scelta per la quale i cittadini pagano bollette assurde. Ma ricordiamoci che quella delle discariche non è né può essere la soluzione definitiva».

La soluzione definitiva è quella del termovalorizzatore, giusto?
«Lo è per l’Emilia Romagna, per la Lombardia, per il Piemonte, per la Polonia. Potrebbe esserlo anche per la Liguria, e soprattutto per Spezia. Ma a casa nostra il tema non può essere oggetto di discussione».

Quali sono le ragioni?
«Non ci sono motivi, ci sono soltanto limiti: i limiti di una politica che ragiona per ‘miti’. Ci sono partiti per i quali la parola ‘termovalorizzatore’ incarna l’idea del ‘mostro’. E ci sono equilibri politici che affidano a frange di destra e di sinistra la parziale ragione della loro identità e credibilità. Il termovalorizzatore sarebbe la soluzione, come lo sarebbe il parziale smaltimento dei rifiuti nella centrale a carbone. Ma alla Spezia si preferisce caricare il costo economico di scelte inopportune sulle spalle dei cittadini, piuttosto che affrontare quello, politico, della perdita del consenso».

di Roberta Della Maggesa