La Spezia, 20 ottobre 2010 - Quarantadue anni di carcere. Sono quelli chiesti, complessivamente, dal pubblico ministero Maurizio Caporuscio al termine della requisitoria-maratona nel processo per disastro ambientale, l’ultimo reato rimasto in piedi nella vicenda delle discariche di Pitelli e Ruffino - sequestrate nel 1996 su iniziativa della procura di Asti - dopo il colpo di spugna delle prescrizioni. Il pm ha chiesto pene differenti in relazione all’«apporto» di ognuno degli undici imputati della compromissione dell’ambiente.

Eccole: sei anni al «Re Mida» dei rifiuti, Orazio Duvia, per l’attività ventennale di interramento dei veleni, cinque anni a Giancarlo Motta e Eros Polotti, rispettivamente presidente e direttore della società Sistemi Ambientali che gestì la discarica al 1992 al 1996. E poi, a scalare, 4 anni agli ex dipendenti della Contenitore Trasporti e della Sistemi ambientali che ebbero incarichi gestionali sul fronte dello smaltimento: Franco Bertolla, Attilio Bertusi, Ettore Cozzani, Roberto Cozzani; per finire, due anni ai funzionari della pubblica amministrazione che, secondo l’accusa, concorsero, con omessi controlli e carte false, al disastro ambientale: Piergiorgio Sommovigo (già assessore comunale all’Igiene nei primi anni Ottanta e poi, dall’85 fino al 1996, capo ufficio ambiente della Provincia), Sandro Andreoli (all’epoca dei fatti capo del servizio geologo della Provincia) e Carlo Antonio Marzani (funzionario della Regione Liguria).

Per questi ultimi tre è caduto, nel corso del processo, il reato di falso, travolto dalla prescrizione. Ma questa incombe anche per il reato di disastro ambientale, nella sua versione ’dolosa’, che è quella contestata la pm Caporuscio. Il sipario processuale calerà definitivamente, secondo i calcoli della stessa procura, nel novembre del 2011; appare assai difficile che, per quell’epoca, si approdi ad una sentenza definitiva, con l’ultimo grado di giudizio, quello della Cassazione.

Sarà già un’impresa arrivare, entro un anno, alla sentenza di secondo grado. Ma, al momento, fa «storia» la requisitoria del pm Caporuscio davanti al collegio giudicante composto da Mario De Bellis (presidente), Giuseppe Pavich e Fabrizio Pelosi: quattro ore e mezzo di j’accuse ancorato a quanto è emerso in 32 udienze dibattimentali, la prima delle quali si tenne nell’ottobre nel 2003. Il pm ha anche depositato una memoria scritta di 50 pagine.


Ieri, un pieno di «citazioni» per la Guardia Forestale e per l’attuale comandante Benito Castiglia, con richiami alle indagini e alla sua testimonianza-fiume che hanno svelato la portata dello scandalo. Ben 560mila tonnellate di rifiuti tossico nocivi sepolti nelle discariche, nell’arco di una ventina di anni, rispetto alla capienza autorizzata di 320mila tonnellate, ma per ospitare i più blandi rifiuti speciali.

Un lungo elenco di veleni e delle loro quantità (nessun riferimento alla diossina di Seveso). Qua e là qualche affresco ad effetto, come quello relativo alla testimonianza di un ispettore dell’allora Unità sanitaria locale preposto ai controlli: «Nel 1983 a distanza di un giorno dall’altro sparì il torrente Pagliari; lì l’acqua era cristallina, ci nuotavano le salamandre... spuntò all’improvviso una strada....». Sotto ci finì di tutto. Dal torrente Canalone, invece, i veleni, per via del percolato, finivano in mare. Infiltrazioni sono state riscontrate, vari metri al di sotto della discarica, nelle gallerie Saturnia e Polnato. Ma la «stella polare» indicata ai giudici per orientarsi nel mare delle prove del disastro ambientale è quella della... legge. Sì, la numero 426 del 1998, che ha definito la collina di Pitelli «sito di interesse nazionale per la bonifica».

«Non si è mai visto in un processo che la prova venga proprio da una legge... Per questo mi ritengo un pm fortunato. Ma tale è anche il collegio giudicante....». Il processo riprenderà il prossimo 26 ottobre. La parola passerà alle parti civili: l’avvocato Sergio Busoni per il Comune, Claudio Orlandi per l’associazione Comitati Spezzini, Roberto Lamma per Legambiente, l’avvocato Aula Galvagna per la Regione Liguria. Poi il tour de force degli avvocati difensori; obiettivo: arrivare alla sentenza entro la fine del 2010, 14 anni dopo il sequestro della discarica...