La Spezia, 16 febbraio 2010 - La scelta di servirsi dei media per denunciare il chirurgo plastico che la operò e le devastò l’addome e il fianco destro — questa la tesi sostenuta, in qualità di parte civile, nel processo per lesioni colpose in corso a Lucca — ha dato i primi, timidi frutti. Sharan Holdrick, 43enne nata in Inghilterra e da anni residente alla Spezia, dopo aver affidato alle colonne del nostro giornale il drammatico racconto del calvario patito, venerdì sera è stata ospitata, insieme all’avvocato di fiducia Andrea Buondonno, nello studio della trasmissione televisiva 'Mi Manda RaiTre'.

L’ex primario del reparto di chirurgia plastica dell’ospedale di Lucca, Tommaso Fabrizio, contro il quale la donna nel 2004 presentò un esposto alla procura, non era presente. Il conduttore ha letto il testo di un fax recapitato alla redazione e scritto dall’avvocato che ne ha assunto la difesa: poche righe nelle quali il legale dice di aver declinato l’invito per rispetto nei riguardi della macchina della giustizia (nelle prossime settimane sarà depositata la perizia ordinata dal giudice, ndr.).

Intanto venerdì mattina chiunque avesse dato un’occhiata al sito online della rivista medica per la quale Fabrizio ha pubblicato un articolo divulgativo sui risultati dell’intervento — presentato come fiore all’occhiello della chirurgia plastica — avrebbe notato qualcosa di diverso rispetto ai giorni precedenti: le foto che ritraggono Sharan nuda sul lettino della sala operatoria sono state ridotte e oscurate nelle parti intime. Ieri, addirittura, per gran parte della giornata la navigazione sul sito web non era consentita e la connessione è tornata soltanto in tarda serata.

"La misura adottata — continua a denunciare Sharan, che giovedì sarà ospite anche della trasmissione ‘Pomeriggio Cinque’ — non è sufficiente.La diffamazione è comuque presente, non soltanto perché il testo della relazione medica dipinge come perfettamente riuscito un intervento sul quale è in corso un procedimento per l’accertamento di responsabilità penali, ma anche perché ritengo che le informazioni inserite — la mia nazionalità, la malattia rara della quale soffro, il fatto di aver subito un’operazione di artroprotesi all’anca — rappresentino una possibile traccia per risalire alla mia identità".