"Deliri da sensi di colpa pregressi". Cacciatori racconta Marzia Corini

"Quando si autoaccusava della morte del fratello era fuori di testa"

L'avvocato Corini

L'avvocato Corini

La Spezia, 8 gennaio  2019 - La trascrizione dell’intercettazione telefonica pesa come un macigno nel processo: «Tu hai capito che se io non avessi sedato Marco quel giorno lui non sarebbe morto?», le domandava Marzia Corini il 21 gennaio 2016. La risposta di Susanna Cacciatori fu «No», corredata dal quesito: «Sennò quanto andava avanti?». «Forse un mese, due...», fu la replica di Marzia.

Un dialogo, questo, a cui l’accusa ancora l’imputazione di omicidio volontario alla sorella dell’avvocato (malato terminale di cancro), mossa da interessi per l’eredità. Ieri, davanti alla Corte di assise, Susanna Cacciatori, amica di vecchia data di Corini, è stata sollecitata a spiegare l’impressione che ebbe dopo la comunicazione-choc: «I suoi erano deliri... si accusava di tutto, travolta dai sensi di colpa pregressi: per non aver assistito il fratello a tempo debito, per non averlo indotto a compiere un’operazione. Tutti i giorni era così.... Quelle sue frasi vanno contestualizzate col suo stato animo». Susanna Cacciatori lo ha detto come teste di accusa, rispondendo alle domande del legale della Corini, l’avvocato Anna Francini, alla fine di un’estenuante udienza in cui le parti hanno badato ad esplorare anche le circostanze che la videro comparire ereditiera: prima destinataria di 270mila euro nel testamento doppiamente falso (perché non scritto dall’avvocato e successivamente oggetto di cancellature e dell’inserimento del nome della Cacciatori in luogo dell’avvocato Giovanna Daniele, collega di studio di Corini) e alla poi destinataria della metà della somma, per effetto dell’«integrazione legittima» che ridusse, fra l’altro, a 550mila euro il tesoro per Isabò Barrack, fidanzata di Corini (inizialmente destinataria della villa e di un milione di euro) mantenendo ad un milione le spettanze di Marzia. Non solo: a Susanna andò anche un’Audi e un orologio Rolex, che ieri aveva al polso.

Un leit motiv è parso attraversare interrogatorio e controinterrogatorio: la convinzione dell’innocenza di Marzia, che lei conobbe de visu solo a partire dal 21 settembre, 2015 quando ogni giorno prese ad andare in casa fino al 25 settembre, quanto Corini esalò l’ultimo respiro «Ogni giorno era buono perché spirasse e volevo essere al suo fianco» ha spiegato.

Cacciatori ha poi riferito di aver saputo da Marzia che era stata lei stessa a redigere il testamento su indicazione del fratello perché lui «Non aveva forza» e che la stessa scoprì che ciò si era risolto in reato. «Provava astio verso l’avvocato Feliciani (computata di falso ndr) e lo stesso fratello, che però giustificava perché moribondo». Ieri ha puntualizzato: «Marco era provato ma mentalmente ferrato...»

Corrado Ricci