Vetroresina, lo smaltimento ad impatto zero

Dall’Università spezzina la risposta al problema da affrontare con la crescita delle barche a fine vita

A spasso per i mari italiani ci sono 41mila tonnellate di vetroresina, materiale privilegiato per la costruzione delle barche la cui vita non è certo infinita. Una bomba ecologica, al pensiero dello smaltimento una volta esaurito l’uso diportistico in sicurezza. Ma anche un’opportunità sul piano del riciclo. La questione, da alcuni anni, è al centro di una ricerca che ha avuto impulso dall’ammiraglio Dino Nascetti all’epoca in cui era presidente di Promostudi e si è andata concretizzando con l’impegno in prima linea di Davide Telleschi, prima da studente poi da docente a contratto di Yacht design al campus spezzino, col supporto di Intermarine e dell’Arsenale.

Ieri, al Salone di Genova, il ricercatore ha presentato i risultati della sua ricerca, preceduto dall’esposizione della tesi-presupposto, a cura dell’ingegner Marco Covini, quella sul processo ’separativo’ dei materiali attraverso i quali sono costruite le barche in vetroresina, così da poter trattare solo quest’ultima ai fini non solo dello smaltimento ma anche del riuso. "Nuova vita per la vetroresina" il tema della conferenza che ha attratto molti addetti ai lavori. Questioni molto tecniche dalle quali è emersa la fattibilità dello smaltimento ad impatto zero attraverso una speciale tecnologia che, sulla base di un forno-reattore e delle reazioni chimiche di cui lo stesso si fa contenitore, non genera fumi, permette l’autosostentamento energetico dell’impianto, il recupero di petrolio da raffinare e delle fibre di vetro che possono essere nuovamente impiegate. "Non è un sogno ma un percorso fattibile dimostrato dall’apparecchio sperimentale costruito" ha detto Telleschi confidando nell’interesse che lo stesso è destinato a generare in parallelo alla crescita della vetroresina da smaltire.

C.R.