Velisti dispersi. "Le rivelazioni sull’affondamento? Vi spiego perché ho dei seri dubbi"

L'analisi sulle foto dell'anonimo 'testimone'

Stefano De Dominicis (fonte: facebook)

Stefano De Dominicis (fonte: facebook)

La Spezia, 21 novembre 2018 - Stefano De Dominicis è un velista esperto e le ultime rivelazioni sulla vicenda del Bright non lo convincono. «Finora non ho mai espresso la mia opinione sugli avvenimenti che hanno visto coinvolti il Bright ed il suo equipaggio, Aldino e Antonio. A seguito degli ultimi sviluppi, sulla possibilità che esista uno o più testimoni e che si sarebbe trattato (stando a queste fonti anonime) di una collisione con un cargo pirata, leggo e vedo numerose notizie da varie fonti e su testate diverse. Notizie che rimbalzano senza controllo dai titoli di giornale alle bocche di molti. Notizie che continuano a rimestare un turbine di emozione tra tanti, ma che, indubbiamente, scavano un solco doloroso e feroce, tra i familiari e gli amici più stretti dei due ragazzi. Mi permetto di esternare alcune considerazioni e dubbi in merito a quanto vedo. Lo faccio senza nessuna certezza (nessuno può averne) e senza nessuna velleità di esperto, limitandomi a considerare l’attendibilità delle fotografie pubblicate. La prima foto apparsa sull’articolo de La Nazione di sabato scorso mostra una barca semi affondata, apparentemente con vele ammassate in coperta. La fotografia è sgranata, confusa, priva di dettagli eppure la forma e la sagoma potrebbero far pensare ad una barca simile al Bright. Ragionando su quella immagine ho notato alcuni particolari che mi fanno sorgere diversi dubbi:

1)- Il Bright aveva parte del ponte di coperta, nello specifico i passa avanti, ricoperti in teak. La barca della foto “sembra” essere tutta bianca! Potrebbe certamente essere un effetto dell’ingrandimento immagine ad offuscare ed uniformare i colori ma, in verità, credo che una certa differenza tra le parti in gelcoat e quelle rivestite dovrebbe notarsi.

2) La barca nella foto sembrerebbe avere l’albero spezzato. Le vele però appaiono quasi adagiate in coperta. Normalmente in una barca cui si spezza l’albero mentre è sotto vela, l’attrezzatura velica cade in acqua restando impigliata e collegata allo scafo (moncone albero, sartie, cime, drizze, vele ecc). Nella foto dovrebbero quindi vedersi almeno parte di queste attrezzature trascinate o ancora attaccate allo scafo. Così non è.

3) Nella foto la posizione ed il numero degli oblò sembrerebbe non corrispondere esattamente a quella del modello Oceanis 473. Certo potrebbe essere un effetto della cattiva qualità dell’immagine e delle vele che coprono parte della coperta. Però i due oblò nella parte centrale a prua via dell’albero io non riesco a vederli.

4) La fonte anonima che ha trasmesso le immagini, sostiene che la foto sia stata scattata da qualcuno a bordo del cargo pirata subito dopo la collisione. Un cargo (non ho idea se qualcuno abbia dato dimensioni e tipologia per cui prendo un esempio medio standard) di 150 m di lunghezza, viaggia ad una velocità media di circa 15 nodi. Ogni nodo (miglio nautico/ora) corrisponde a circa 52 cm al secondo. 15 kts x 0.52 = 7.8 metri lineari l al secondo. Quindi in 10 secondi il cargo si muove di 78 metri. in 20 secondi copre la sua intera lunghezza. Ammesso che un testimone oculare abbia assistito alla collisione in prua, avrebbe dovuto correre per 150 metri lungo la fiancata e fare la foto entro 20 secondi dallo schianto per poter riprendere la barca dall’alto. Ogni secondo di ritardo avrebbe portato il relitto ad allontanarsi nella scia di poppa e le immagini non sarebbero dall’alto, bensì da lontano e con diversa inclinazione. A parte i tempi di reazione dell’improvvisato operatore, degni dei più esperti piloti da caccia, risulta assai strano che in 20 secondi la barca potesse già essere semi affondata come risulta dalla foto.

5) Ipotesi del ritorno. Il cargo, dopo la collisione potrebbe essere tornato indietro (qualcuno lo ha ipotizzato). Se mi trovassi su una nave “pirata” che, per una serie di motivi non vuole far sapere che si trova li e di conseguenza non lancia allarmi, non ricerca superstiti e decide di allontanarsi, non avrebbe senso ritornare sul luogo della collisione.

6) La fonte anonima che procura ed invia informazioni e foto, sostiene di temere per la propria incolumità nel caso si conoscesse la sua identità. Non risulta plausibile, a mio parere, il timore di esporsi. Lo ha già fatto. I suoi compagni o complici che siano, sanno già benissimo chi è.

7) La fonte anonima sostiene che le immagini sono estrapolate da alcuni (plurale?) video. Se avessi deciso di mostrare le prove di quanto asserisco, perché non inviare l’intera serie di immagini o video anziché dei singoli frame uno più confuso dell’altro?»