La percezione esterna, circoscritta alla visuale di porta e finestre danneggiate, già costituiva indizio di abbandono. Ma mai, da venti a questa parte, si era avuta contezza delle condizioni in cui versano gli interni del Castelletto Genovese che troneggia a fianco della chiesetta di San Pietro, sull’omonimo promontorio. A rivelarle ci ha pensato il consigliere comunale Fabio Carassale (Ambiente e progresso), sulla via delle elezioni. Lo ha fatto con un foto-reportage di denuncia trasmesso al Comune, alla Soprintendenza e alla Agenzia del Demanio gli enti che, in parallelo all’assegnazione del bene al Comune, ne avevano traguardato la valorizzazione a polo di interesse culturale. L’evidenza è quella di uno sconcio, in ogni suo ambito: mura danneggiate, detriti sparsi, traccia di escursioni mosse non certo dallo spirito della ricerca, qua è la le testimonianze del passato istituzionale. Carassale ripercorre la storia: "L’edificio, negli anni ’30 già museo e pinacoteca, divenne, sul finire degli anni ’70 e sino al 1992, Caserma della Stazione Carabinieri di Porto Venere per poi cadere in abbandono,ingessato per oltre 20 anni dalla burocrazia legata alla gestione dei beni demaniali nazionali e quindi non più utilizzabile dall’Ente Locale". Ciò fino al federalismo demaniale. Fu così che nel 2012, il 24 di ottobre, venne sottoscritto un Accordo di valorizzazione denominato “Polo Culturale di Porto Venere” che portò ad acquisire al patrimonio comunale una serie di importanti edifici storici monumentali: Il Castello Doria, i Mulini a Vento, la Torre Capitolare, la Cinta Muraria, la Batteria Umberto I ed appunto il Castelletto Genovese. "L’accordo - spiega Carassale - prevedeva obiettivi di tutela e valorizzazione culturale, programmi e piani strategici di sviluppo, impegni ed obblighi conservativi e prescrizioni per la fruizione pubblica…". Risultato? "Ad oltre 10 anni dall’acquisizione al patrimonio comunale lo stato del bene è impietoso: - i locali posti al piano “seminterrato”, usati come depositoarchivio e cella di sicurezza della Caserma dei C carabinieri, si presentano con arredi in disfacimento; locali superiori risultano cosparsi di macerie, con portone d’ingresso e diverse finestre divelte, il soffitto sfondato presenta due grandi aperture a “cielo aperto” che agevolano le infiltrazioni; le parti esterne aggredite dalla vegetazione spontanea e la grande terrazza di copertura che si presenta con un ammasso informe di guaina impermeabilizzante ammucchiata su di un lato, in seguito a qualche libecciata". Dalla rappresentazione alla polemica politica il passo è breve. Riaffiorano dalla ricerca di Carassale alcune dichiarazioni di Cozzani risalenti al 2019, quando denunciava lo stato di abbandono dell’edificio...