"Test antigenico a tappeto per tutti i bimbi"

La testimonianza di un padre, in isolamento per condividere la quarantena dei figli, costretti a casa dopo la scoperta di un caso in classe

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"Per adesso i bambini, io e mia moglie stiamo bene, ma viviamo nell’ansia e nell’attesa". Ha la voce stanca, preoccupata. Quella di un papà che ha i figli in quarantena da qualche giorno. I bambini frequentano una scuola elementare cittadina. Una loro compagna è risultata positiva al Covid 19 ed è scattata la quarantena di quattordici giorni per tutta la classe. "Abbiamo ricevuto la notizia sulla chat dei genitori, un post della rappresentante di classe, il dirigente scolastico è stato disponibilissimo. Il giorno dopo mi ha chiamato un funzionario della Asl, davvero gentile, che mi ha spiegato la procedura: quarantena per quattordici giorni, ma solo per i bambini. Io e mia moglie, come gli altri genitori, a parte quelli della bambina contagiata, possiamo uscire, recarci al lavoro. Ma abbiamo scelto di metterci in una sorta di auto isolamento, per condividere appieno questo momento con i nostri figli e per responsabilità verso gli altri. Siamo fortunati, entrambi possiamo lavorare in smart working, ma non è per tutti così".

Il protocollo prevede che i genitori, in quanto contatto di secondo livello, non debbano essere messi in quarantena. E i bambini, a meno che non manifestino sintomi, non sono sottoposti a tampone. Nel caso i sintomi si presentassero, i genitori devono chiamare il pediatra che attiva la procedura per il tampone da effettuarsi presso il Falcomatà. "Ma è questo aspetto – riflette il padre – che francamente mi lascia perplesso: l’Asl ha spiegato che nelle scuole la possibilità di contagio è remota, visto che le norme anti Covid sono molto ferree; e che se un bimbo fosse positivo asintomatico, comunque dopo 14 giorni esaurirebbe la carica virale e quindi non sarebbe contagioso. Ma, nel frattempo, io e mia moglie potremmo essere contagiati, e magari in forma non lieve; e, se dovessimo essere anche noi positivi asintomatici senza saperlo ed uscire, potremmo contagiare altre persone. Ci hanno detto di limitare baci e abbracci, cercheremo di farlo anche se lo consideriamo una violenza, soprattutto per i bambini. Ma vivendo in quattro in un’abitazione che non è una reggia, le occasioni di contatto sono infinite. Non capiamo perché a tutti i bambini non venga fatto il test antigenico rapido in modo da isolare i possibili positivi e tracciare i contatti fino a nonni, parenti ed amici. Mi hanno spiegato che la Asl5 sta applicando il protocollo ministeriale, che non è possibile fare i tamponi a tutti i bambini perché si intaserebbero le strutture sanitarie, ma so che in altre Asl e regioni invece fanno i test rapidi direttamente nelle scuole".

Infatti, accade nella vicina Asl 3, ad esempio, in Toscana ed Emilia. "Siamo preoccupati, per i bambini e per noi. Quello che più ci attanaglia è l’incertezza. Questa attesa senza sicurezze e con la paura che i sintomi si possano manifestare da un momento all’altro. Stiamo rivivendo i giorni terribili del lockdown, ma io e mia moglie cerchiamo di sdrammatizzare e di tenere occupati i bambini, di divertirli. Alla mattina fanno didattica a distanza, la loro maestra è brava, riesce a catturarli, ad insegnare, ma con la giusta leggerezza. Il pomeriggio un po’ di lettura, qualche esercizio di ginnastica, gioco e tablet contingentato. In questi giorni stanno leggendo “La fabbrica di cioccolato” ed in questo momento stanno guardando il film. Sembrano sereni, ma sappiamo che stanno soffrendo questa condizione, che si porteranno dentro questo trauma per molto tempo. Capiscono tutto, hanno passato settimane a scuola con la mascherina per tutta la mattina senza battere ciglio, rispettano norme e distanze meglio degli adulti. A pensarci bene, sono loro che ci danno la forza per affrontare e superare il momento".