Sulle tracce di Michelangelo a Brugnato

Francesco Mione: "Quel crocifisso forse è suo"

Il crocifisso attribuito a Michelangelo

Il crocifisso attribuito a Michelangelo

La Spezia, 2 agosto 2014 - UN CROCIFISSO di Michelangelo nel museo diocesano di Brugnato. È più di una suggestione, quella ancorata alle ricerche che un giovane studioso di Scienze giuridiche ha messo nero su bianco in una tesi di laurea, poi diventata libro, presentato mercoledì scorso alla concattedrale di Brugnato. Una ricerca di stampo prettamente giuridico, quella realizzata dal trentenne sarzanese Francesco Mione, che rinfocola l’interesse che da almeno un decennio ruota attorno al piccolo oggetto sacro in avorio. Da quando, cioè, nel giugno 2004 Elio Gentili, volontario della biblioteca “Niccolo V” di Sarzana, ritrovò una lettera, datata 15 maggio 1764, con la quale la marchesa Barbara Chiesa, esponente di una nota famiglia di naviganti e intenditori d’arte, e sposata con Leandro Federici, nipote di un ricco possidente di Sestri Levante, presentò ricorso al Magistrato de’ Straordinari per ottenere dalla Confraternita, a cauzione di una dote di 10680 lire, la restituzione del «Crocifisso d’avorio in un custodia di Michelangelo Bonarota» e di un «quadro in tavola di Raffaele d’Urbino», detenuti dall’allora vescovo di Brugnato, Nicolò Lomellini. Mione, nel suo lavoro, è andato oltre. Sfruttando gli archivi ricchi di storia del Seminario vescovile di Sarzana e analizzando centinaia di documenti e oltre quaranta filze, ha ricostruito dalle origini la tormentata vicenda che per oltre mezzo secolo vide una vera e propria guerra di carte bollate per accaparrarsi il crocifisso d’avorio, che più volte viene accostato al celebre scultore e pittore. Sul lascito di Lazzaro Maria Federici si susseguono infatti una lunga sequela di contestazioni, dal 1726 fino alla contesa tra la marchesa Barbara Chiesa e la Confraternita sestrese, poco prima del 1750. «Dalle carte in possesso non si può desumere come sia finita la diatriba, ma di sicuro — spiega Mione — si può pensare che il crocifisso rimase nel museo di Brugnato, passando indenne anche il saccheggio che subì il palazzo episcopale da parte dei brugnatesi nei moti del 1748. Il crocifisso è presente anche negli inventari che si sono succeduti negli anni. A fronte di queste prove, si può ritenere probabile che quell’opera esposta al Museo di Brugnato sia proprio quella stessa donata ai Federici dal Pontefice Paolo III». La ricerca tratta, seppur in maniera marginale, anche la vicenda del “quadro in tavola di Raffaele d’Urbino”, un quadro che raffigura la più famosa Madonna delle Seggiole esposta a Palazzo Pitti a Firenze, e che nei mesi scorsi ha regalato una sorpresa: nel sottotela è spuntata infatti un’altra tela, ancora più antica, recentemente restaurata dalla soprintendenza e presentata mercoledì.