Sindacato ottimista sulla tempistica: "Un leggero ritardo, ma ci siamo"

La chiusura dell’operazione farebbe schizzare l’organico a 300 dipendenti contro i 200 ora operativi. Possibile il trasferimento di una parte delle lavorazioni a Spezia, dentro Mariperman o forse in Arsenale.

C’è molta attesa nel sindacato per l’ affidamento a Intermarine della commessa di 12 cacciamine per la Marina militare, e tutto sommato prevale un certo ottimismo sui tempi della sigla finale. "E’una lunga interlocuzione quella che ci vede coinvolti con l’azienda – sottolinea Stefano Bettalli, segretario generale di Filctem, il sindacato Cgil cui fanno capo anche i lavoratori Intermarine –. La fase progettuale è stata finanziata e francamente sarebbe oltremodo strano che la progettazione di un’unità venisse affidata dalla Marina militare a un’azienda e poi la commessa finisse a un’altra. Dovremmo essere in dirittura di arrivo, anche se con un po’ di ritardo rispetto ai tempi previsti, da maggio arriveremo, per quanto abbiamo capito, a ottobre. Staremo a vedere".

Ma cosa significa in termini economici l’acquisizione di quella commessa? "Sul piano occupazionale sarebbe una bella boccata di ossigeno, visto che si passerebbe, come ha fatto sapere l’azienda, ad un organico, a regime, di 300 lavoratori contro i meno di duecento attuali, con buone ricadute anche sull’indotto. L’azienda, per quanto ne sappiamo, dovrebbe trasferire anche una parte della lavorazione a Spezia, su un pezzo della banchina di Mariperman, o forse anche in arsenale, per l’allestimento delle navi. Si vedrà".

Un fatto è certo: Intermarine ha bisogno di nuovi spazi e a darne la dimensione sono i colossali capannoni che stanno crescendo in questi giorni nell’area adiacente all’originario cantiere di via Alta. E’ lì che avverrà la realizzazione dei monoblocchi in vetroresina delle nuove navi. Si tratta di strutture alte quanto un palazzo contro cui hanno già fatto sentire la loro voce alcune organizzazioni ambientaliste, come la sezione Apuo Lunense di Italia Nostra, che parla senza mezzi termini di ecomostro. Un costo però che le istituzioni locali hanno messo in conto a fronte dei benefici occupazionali legati alla mega commessa e anche alle positive ricadute ambientali con la realizzazione – con un investimento di sessanta milioni – di opere di mitigazione del rischio idrogeologico lungo il fiume, oltre alla riqualificazione degli ambienti di lavoro con l’eliminazione, fra l’altro, di componenti in eternit. Tutte valutazioni che il Comune di Sarzana ha fatto proprie e il Consiglio comunale all’inizio dell’anno scorso ha recepito con voto unanime dando il via libera ai nuovi capannoni.

Franco Antola