Rsa Mazzini, ora scendono in campo i Nas Il nuovo fronte aperto dal pm dopo l’esposto

Prossima al capolinea l’inchiesta per omissione di atti d’ufficio per il mancato ospedale Covid nella prima fase della pandemia

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Svolta investigativa per far luce sulle vicissitudini della Rsa Mazzini teatro, dal 20 ottobre, dell’effetto-dominio dei contagi-Covid dilagati in tutti i tre piani della struttura, interessando la maggior parte degli ospiti e quasi metà del personale. Il pm Elisa Loris ha dato mandato ai carabinieri dei Nas di svolgere accertamenti per ricostruire la dinamica dei fatti e risalire ad un eventuali nessi causali con azioni o omissioni capaci di dare corso all’azione penale. Nessun nome è stato iscritto sul registro degli indagati. Nessun esposto è giunto in procura da parte dei familiari degli ospiti deceduti. Agli annunci non sono seguiti gli atti, quindi, in assenza di reclami corredati dall’ipotesi che i decessi siano conseguenza dei contagi, nessun elemento solido per orientare il fascicolo verso l’iscrizione per il reato di omicidio colposo. Il fascicolo resta aperto a modello 45 con ampio margine di azione per gli investigatori sulla base dell’unico atto con effetto propulsivo: l’esposto depositato dalla Cgil. Agli atti ci sarebbero anche uno o più verbali di persone informate sui fatti, chiamate a dare contezza delle rappresentazioni sommarie per accertare circostanze specifiche. Nella prima fase degli interrogatori si sono adoperati i carabinieri in servizio presso la Procura. Poi, a fronte della materia sanitaria, la delega agli speciali, i carabinieri dei Nas, alle prese con quarantene interne e col grosso carico di lavoro legato deleghe - del pm Francesco Pinto della procura di Genova - risalenti alla fase uno della pandemia, quella che ha portato all’iscrizione di sette fascicoli per epidemia colposa in relazione ai contagi, con decessi, avvenuti in altrettante case di riposo: Sacra Famiglia a Rivarolo, Centro di riabilitazione a Quinto, Don Orione Paverano a Genova, La Camandolina e la San Camillo in zona Righi e Rsa a Chiavari. Sotto inchiesta sono i direttori sanitari.

Sempre restando a Genova ancora contro ignoti, iscritta a modello 45, l’inchiesta esplorativa avviata dallo stesso Pinto dopo l’assalto ai pronto soccorso del capoluogo ligure: c’è da capire come mai non sono state approntate a tempo debito percorsi e strutture alternative agli ospedali per fronteggiare il previsto ritorno di fiamma virus.

Tornando alla Spezia e alle case di riposo, l’unico fascicolo aperto è quello, per omicidio colposo, connesso all’esposto di un familiare della Rsa Sacro Cuore. C’è poi pendente l’inchiesta per omissione di atti d’ufficio, sviluppata a quattro mai dal procuratore Patrono e il pm Loris, in relazione alla mancata individuazione, nella prima fase dell’epidemia, di un ospedale Covid, come prescriveva il Ministero della Salute. L’accusa è sostenibile in giudizio solo ancorandosi al dolo. Questo, al di là delle carenze organizzative strutturali e indotte dal precipitare degli eventi, non sarebbe emerso.

Nessuna incriminazione nell’inchiesta di Patrono per epidemia colposa aperta in seguito all’emersione del ’cluster’ nell’Umbertino. Ma l’effetto deterrente c’è stato, parallelo alle misure ’chirurgiche’ adottate per contenere la diffusione del virus. Sono intanto in corso le verifiche di eventuali presenze di positivi nei luoghi di lavori in relazione agli indizi emersi dall’inchiesta per caporalato, là dove dalle intercettazione appare che ci furono operai sfruttati costretti, su ordine del capo della Gs Painting, ad andare al lavoro con la febbre. Ieri intanto il ’colletto bianco’ che ha fatto da sponda alla bang, su richiesta dell’avvocato Paolo Munafò e all’esito dell’esibizione della cancellazione dall’albo dei consulenti del lavoro, ha ottenuto la revoca dei domiciliari.

Corrado Ricci