Quote di genere, perché in Liguria la legge è stata un fiasco

Tre sole donne in Consiglio. Neanche una spezzina. Doppia preferenza, tre voci femminili a confronto

Un seggio elettorale (foto Frascatore)

Un seggio elettorale (foto Frascatore)

La Spezia, 24 settembre 2020 - E’ un rosa molto sbiadito quello che colora il nuovo consiglio regionale, uscito dal voto. Eppure, almeno sulla carta, le premesse per irrobustire i ranghi femminili c’erano tutte. Addirittura una legge regionale ad hoc, quella che a luglio ha introdotto il principio della seconda preferenza di genere.

L’obiettivo però non è stato raggiunto: nessuna donna eletta nel collegio spezzino e tre sole effettivamente entrate in consiglio (Ilaria Cavo, Lilli Mauro e Selena Candia), a fronte delle 5 premiate nel 2015. Perché il flop? Raffaella Paita, deputata di Italia Viva, una spiegazione ce l’ha: "Molto dipende dalla diminuzione del numero dei consiglieri, passati da 40 a 30 – osserva –. Un altro motivo è stata l’eliminazione del listino: scelte che rispondono a logiche condivisibili, ma che hanno prodotto effetti negativi. L’introduzione delle quote di genere in ogni caso non risolve il problema in modo strutturale, rispetto al quale in Liguria, e a Spezia in particolare, siamo molto arretrati dal punto di vista culturale. Eppoi c’è l’aspetto delle liste: i partiti più forti hanno scelto candidature, diciamolo, non particolarmente forti per favorire gli uomini. Senza contare che i tempi della politica sono difficili da conciliare con la cura della famiglia, cosa che ricade soprattutto sulle donne, spesso costrette al disimpegno, e lo dice chi ha una lunga esperienza politica alle spalle e ha raccolto sempre molte preferenze. Per questo occorre lavorare perché anche le altre abbiano le stesse opportunità, a pagare scelte solo maschili oltretutto, alla fine, sono i cittadini. Invito a riflettere sul fatto che la riduzione dei parlamentari avrà conseguenze analoghe. Dopo di che speriamo che Toti si ricordi del gap e faccia scelte anche al femminile".

Francesca Castagna, sarzanese, candidata (non eletta) nella lista Pd chiama in causa invece l’effetto novità, che ha trovato per così dire impreparati gli elettori. "Dobbiamo ammettere – riflette – che il nostro elettorato non era abituato alla novità e lo abbiamo riscontrato nel porta a porta: le persone rimanevano un po’ interdette. Detto questo, è anche vero che tutto questo spazio per il femminile non lo vedo, sia per una certa cultura dell’elettorato sia all’interno delle formazioni politiche. Le donne fanno ancora fatica ad entrare in certi ambienti, si è ancora restii a destinarle a posti che contano. Personalmente penso che questa sia l’unica strada per il rinnovamento".

Questione di abitudine anche per la senatrice Stefania Pucciarelli (Lega): "Non c’è ancora l’abitudine ad esprimere la seconda preferenza, soprattutto fra l’elettorato più anziano. Si scrive il primo nome, tendenzialmente un uomo, e si trascura di indicare anche quello di una donna. Dovremmo essere proprio noi politici, però, a promuovere maggiormente questa opportunità di scelta".