Quando il lavoro diventa un peso Dimissioni volontarie, ora è boom

Anche nello Spezzino si assiste al fenomeno della fuga massiccia da impieghi sottopagati e precari. Ecco la fotografia dell’osservatorio Cgil: in due anni oltre 4mila ’abbandoni’. Cosa è cambiato col Covid

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di Chiara Tenca

È un vero e proprio esodo: si scappa da lavori parzialmente in regola e contratti poco tutelati, dalla mancanza di prospettive e tempo per sé e per i propri cari o semplicemente per andare alla ricerca di un impiego più appagante e a condizioni migliori. Anche nello Spezzino il fenomeno delle dimissioni volontarie fra i giovani sta diventando massiccio: una tendenza ormai ben evidente a livello nazionale, che nella dimensione provinciale viene testimoniata dall’osservatorio della Camera del lavoro grazie alle motivazioni fornite dopo la raccolta di macrodati da febbraio 2018 a giugno 2022. "Fino al primo maggio, nessuno ci ha detto perché lasciasse il lavoro, ora iniziamo a intravedere le cause: nella maggior parte, sono i pagamenti, mancati o inferiori rispetto alle ore svolte – spiega il segretario della Cgil spezzina Luca Comiti –: si accettano sempre meno le condizioni di lavoro precarie, si chiede qualcosa di più certo e le scelte vanno di conseguenza".

Dal 1° febbraio 2018 al 28 febbraio 2020, le dimissioni volontarie in provincia sono state 4.041: il 33% (1.333) di età fino ai 35 anni e il restante 67% (2.708) di età maggiore o uguale ai 36. Netta la preponderanza dei maschi (72,7%, 2.937), rispetto alle 1.104 femmine (27,3%). Arrivato il ciclone Covid, le tendenze cambiano significativamente: il 68,5% di chi ha firmato per lo stop del lavoro (154) è under 35: sono stati 71, pari al 31,5%, i dimissionari di 36 o più anni e si livella il gap fra uomini (123 su 225 totali, 54,7%) e donne (102, 45,3%), anche per via della distribuzione a carico di queste ultime dei carichi familiari, spiega Comiti. Resta ancora alta la percentuale nella fascia d’età più giovane dal 1° giugno 2020 al 30 giugno 2022: 61%, pari a 2.589 sul totale di 4.245, contro 1.656 (39%) e schizzano nuovamente verso l’alto quelle degli uomini: 3.268 (77%), a fronte delle 977 (23%) femminili. Si passa, quindi, ai primi due mesi di analisi particolareggiata, che restituisce una fotografia in sintonia con le tendenze nazionali: in 12 hanno lasciato il lavoro perché poco retribuito eo a causa di mancato pagamento di tutti o parte di straordinari eo errato inquadramento (10,8%, 9 femmine e 3 maschi, 7 under 35); 7 hanno firmato a causa di part time involontario o contratto a chiamata con poche ore (5,8%, di cui 5 maschi e 2 femmine e 5 under 35); 6 a causa di un rapporto con il datore non rispettoso del lavoratore (5%, di cui 5 femmine e 1 maschio e 3 under 35; stessa cifra a causa del lavoro poco retribuito per l’impegno richiesto (ma con regolare applicazione del contratto collettivo (3 femmine e 3 maschi, di cui 3 under 35).

Se altre ragioni coinvolgono gli over, torniamo ai giovani con i 4 che hanno lasciato un lavoro troppo faticoso fisicamente (3 femmine e 1 maschio, di cui 3 under 35) e che hanno optato per nuove esperienze, anche all’estero (tutti maschi under 35). Seguono: inconciliabilità fra studio e lavoro (3, 2,5%, 2 maschi e una femmina tutti under 35), cambio città di residenza (2, 1,6%, 2 maschi di cui 1 under 35), ambiente di lavoro non salubrepericoloso (nonostante regolari dispositivi di sicurezza) (2 maschi under 35, 1,6%), passaggio a pubblico impiego (2, 1,6%, di cui 1 maschio e 1 femmina ed 1 under 35), lavoro troppo impegnativo mentalmenteper responsabilità richieste (1 maschio under 35, 0,8%), part time non accordato, richiesto per mancanza di tempo libero (1 femmina under 35, 0,8%), mancanza di adeguata formazione da parte dell’azienda (1 femmina under 35, 0,8%) e a chiudere, perdita di agevolazioni fiscali in famiglia (1 maschio under 35, 0,8%).