Caso Corini, «Marco voleva tutelare la fidanzata. Estromettendo la sorella dall’eredità»

Il processo sulla morte dell'avvocato dei vip: testimonianza in Corte d’assise del giudice Diana Brusacà

Il giudice Diana Brusacà

Il giudice Diana Brusacà

La Spezia, 12 giugno 2018 - Ha risposto per quasi due ore di fila alle domande dell’accusa e della difesa davanti alla Corte di assise. Lo stesso presidente Gianfranco Petralia è intervenuto per chiederle utili ragguagli. E ad un certo punto della lunga udienza, il procuratore capo Antonio Patrono, cavallerescamente, è andato al distributore automatico per portarle una bottiglia di acqua fresca. Il giudice Diana Brusacà è stata testimone ieri nel processo sull’intrigo testamentario e la morte di Marco Corini.

«Può spiegare i suoi rapporti con l’avvocato Corini nel tempo?», è stata la prima domanda del procuratore Patrono. Brusacà ha risposto che fino al ’96 erano di cordialità, ma formali. «Poi quando mia madre si ammalò e morì – ha aggiunto – Marco mi fu molto vicino, disse che aveva provato la stessa cosa con la morte del padre».

Nei successivi dieci anni, i rapporti sono stati sempre buoni anche se non frequenti, cambiarono nel 2013 quando l’avvocato Corini scoprì di avere una malattia. «Gli offrii la mia vicinanza e dal 2014 la nostra divenne una vera e propria amicizia. Sapeva che mi occupavo di beneficenza e lo coinvolsi in molte iniziative a favore dell’ambulatorio pediatrico in Malawi. Mi presentò Zucchero e facemmo un concerto a Filetto, quindi con l’imprenditore Giuseppe Rampini un evento all’Eco del mare. I contatti durante la malattia furono molto più frequenti, l’ultima volta che lo sentii fu il 23 settembre, due giorni prima che morisse».

Patrono ha chiesto allora se Marco le avesse mai parlato delle sue ipotesi testamentarie. «A fine 2013 – è stata la risposta di Diana Brusacà – mi parlò che era sua intenzione provvedere al mantenimento della madre e lasciare la maggior parte del suo patrimonio alla fidanzata Isabò: fu la prima volta che mi parlò di lei. Mi chiese anche se avessi potuto assumere il ruolo di esecutore testamentario. Lo avrei fatto volentieri, ma me lo impediva il mio ruolo di magistrato. Avrebbe fatto un trust, aveva contatti con l’avvocato Morciano di Pisa, voleva tutelare al massimo la fidanzata».

Come voleva starle vicino? «Avrebbe voluto vincolare una somma per garantirle il mantenimento futuro, voleva che lei si laureasse e mi chiese di aiutarla».

Le parlò mai di sposarla? «Si, mi disse che ci stava pensando, anche se lui non vedeva di buon occhio il matrimonio, ma disse che era il miglior modo per tutelarla. Oppure farla diventare erede testamentaria. Questo nel 2014, poi nel giugno del 2105 parlammo di matrimonio, voleva sposarsi all’Eco del mare».

Le ha mai parlato di lasciare qualcosa ad altre persone? «No, mi disse che una parte l’avrebbe destinata ad enti con finalità benefiche. Era preoccupato che una parte del patrimonio fosse destinata a Marzia». Ha avuto rapporti con lei? «No, l’ho conosciuta in occasione della morte. Me ne parlò all’inizio, nel ’96, all’epoca era orgoglioso di lei. Successivamente mi disse che avevano litigato, si riferì a problemi di ordine economico e di scelte di vita non condivise dalla famiglia. Poi mi riparlò della sorella solo in occasione della malattia. Mi disse che non si era fatta viva, pur essendone a conoscenza perché avevano un amico in comune. Marzia tornò dall’estero nel 2014, quando nel 2015 discussero sulla terapie Marco mi disse ‘Marzia è sempre la solita, se ne è andata’».

L’oggetto delle domande si è quindi spostato sui rapporti con l’avvocato Giuliana Feliciani. Il giudice Brusacà ha detto di averli conosciuti nello stesso periodo, erano in studio insieme, un sodalizio molto importante. «Poi seppi che il rapporto professionale si era interrotto. Della volontà successoria per la Feliciani non so nulla».

Quindi Giuseppe Rampini: «Corini me lo presentò come suo carissimo amico, ebbi rapporti diretti con lui quando Marco stava già male. Lo sentii il 20 settembre, mi chiamò lui, mi disse se potevo informarmi di come poter procedere al matrimonio senza passare dalle pubblicazioni. L’unico sistema era un certificato medico che mettesse nero su bianco l’imminente pericolo di vita. E Marco fu molto turbato da questo, era come certificare la sua fine. E non se ne fece nulla».

E’ toccato quindi al pubblico mistero Luca Monteverde formulare una domanda molto diretta a Diana Brusacà. Se Marco Corini le fece menzione di estromettere la sorella dal testamento. «Sì, per i rapporti che si erano deteriorati nel tempo».