MASSIMO MERLUZZI
Cronaca

Omicidio Daveti. Chiesto il giudizio per il vicino di casa

L’artista spezzino era stato massacrato a Villa Minozzo

Lo spezzino Stefano Daveti

Lo spezzino Stefano Daveti

La Procura di Reggio Emilia ha chiuso le indagini sull’omicidio di Stefano Daveti ed ha chiesto il rinvio a giudizio per Cristian Chesi, 47 anni, il vicino di casa dell’artista spezzino che si è spento a seguito delle lesioni provocate dai colpi di bastone. Daveti, 63 anni, da anni risiedeva a Morsiano di Villa Minozzo una piccola frazione collinare in Provincia di Reggio Emilia. Venne trovato in casa dai sanitari del 118, avvertiti proprio dai vicini di casa padre e figlio, in condizioni ormai disperate. Nonostante l’immediato ricovero all’ospedale Maggiore di Parma non ha mai ripreso conoscenza morendo dopo tre giorni di agonia.

Nelle ore successive alla tragedia si era parlato di un litigio con Cristian Chesi, 47 e con il padre Emore e di presunte tensioni da tempo in corso tra loro anche a causa del carattere dello spezzino. Una tesi che i fratelli della vittima, Renzo e Andrea, hanno sempre respinto ribadendo l’assoluta indole pacifica di Stefano, lontana da qualsiasi tipo di violenza e provocazione. La famiglia Daveti si è affidata all’avvocato Andrea Lazzoni del foro della Spezia.

Sul registro degli indagati della Procura di Reggio erano stati iscritti due uomini, padre e figlio, per rispondere di concorso in omicidio volontario. Al termine delle indagini preliminari il pubblico ministero Maria Rita Pantani ha chiesto il rinvio a giudizio per Cristian Chesi mentre ha stralciato la posizione del padre Emore. Alle indagini per ricostruire la dinamica della morte violenta hanno preso parte anche i carabinieri del reparto investigazioni scientifiche Ris di Parma.

Stefano Daveti era stato ritrovato agonizzante nella sua camera da letto colpito ripetutamente alla testa probabilmente con un paletto di ferro. Era poi scattato l’arresto per uno dei due vicini di casa Cristian Chesi che successivamente ha usufruito dei domiciliari.

Massimo Merluzzi