Omicidio Corini, l'ex compagna non sarà parte civile

Il gup va avanti per il processo unico. Rigettata l’istanza di sospendere l’iter in attesa della Cassazione

Marzia Corini e il testamento

Marzia Corini e il testamento

La Spezia, 14 settembre 2017 – L’ex compagna di Marco Corini, la giovane seichellese Isabò Barrack, non si è costituita parte civile nel processo per la morte indotta dell’avvocato e per l’intrigo testamentario che si è risolto nella drastica diminuzione delle iniziali prospettive di diventare possidente. Quella che era un’indiscrezione ieri si è rivelata una certezza, in apertura dell’udienza preliminare per il rinvio a giudizio delle due imputate, presenti in aula davanti al gup Mario De Bellis: da una parte la sorella del legale, Marzia Corini, accusata dal pm Luca Monteverde di omicidio volontario, circonvenzione d’incapace, falso (doppio) in testamento e furto (del sedativo che ha causato la morte); dall’altra avvocato Giuliana Feliciani, chiamata in causa solo per i falsi testamenti, l’accusa di circonvenzione ma gravata anche dal sospetto di aver fatto sparire il primo testamento col quale Corini avrebbe voluto destinare la quasi totalità dei suoi averi a Isa.

Ieri lei non si è presentata in aula. Ha così dimostrato che non vuole ottenere alcuna rivalsa rispetto al dolore e alla beffa subita a causa del decesso di Marco, morto due giorni dopo aver dato corso agli atti per sposarla e comunque lo stesso giorno, il 25 settembre 2015, in cui voleva riferire al notaio le sue reali volontà. Isa, convinta di poter ottenere la proprietà della villa di Ameglia con tutti gli arredi e un milione di euro, dopo aver rischiato di perdere tutto per effetto dell’eccezione di nullità del testamento minacciata dalla mamma e dalla sorella del legale in virtù del falso testamento del 18 settembre, aveva trattato per ottenere quello che poi ha ottenuto: 550mila euro, a fronte del milione rimasto intatto per Marzia (che Marco, almeno ad inizio estate, prima che si riavvicinasse, avrebbe voluto estromettere dalla successione), 200mila euro in capo alla Feliciani (in luogo dei 400mila indicati nel primo testamento falso), 135mila a Susanna Cacciatori (amica di Marco), 30mila alla colf Stefania Tognoni e tutto il resto, a cominciare dalla villa di Ameglia, alla mamma dell’avvocato che aveva rivendicato la quota legittima, dando il la all’integrazione che aveva portato alla rivisitazione del falso testamento pubblicato in beffa a Isa.

Per contrastare la nullità di questo, è emerso ieri, la stessa Isa aveva fatto svolgere una perizia grafologica che si era conclusa nel riconoscimento delle volontà di Marco.

Un elemento, questo, che ora le difese non mancheranno di far rilevare, all’interno di una strategia processuale che, per contrastare le accuse, passa dalle denunce di due testi chiave, nel tentativo di offuscarne l’attendibilità: Isa (per appropriazione indebita della collezione di armi di Marco e uso di falso testamento) e Giuseppe Rampini (per appropriazione indebita di un quadro d’autore di Morandi). Loro negano gli addebiti; Rampini ieri, insieme alla riconferma che di essere venuto in possesso di un quadro di Schifani regalatogli a suo tempo da Marco ma rimasto in villa fino alla sua morte, ha precisato che gli venne consegnato da Isa nel rispetto delle volontà del compagno. Intanto il gup ha rigettato l’istanza di sospendere il processo in attesa del verdetto della Cassazione a fronte dell’impugnazione, da parte della Feliciani, dell’altolà ai proecssi separati. Prossima udienza il 9 ottobre.