La Spezia, 16 marzo 2024 – Ci sono voluti vent’anni prima di avere giustizia. Un tempo infinito trascorso tra udienze in Tribunale, colloqui, speranze e viaggi al buio non sapendo quando e se sarebbe mai arrivata una luce a dare ristoro alle famiglie delle vittime del servizio fornito allo Stato.
Ma alla fine la Corte di Appello di Venezia ha condannato tre ammiragli ritenuti responsabili della morte del marinaio Mauro Battistini, originario di Spezia, deceduto nel 2010 e Costantino Grasso di Catania morto cinque anni prima, entrambi affetti da mesotelioma pleurico.
Una malattia contratta a contatto con le polveri di amianto respirate nei cantieri e sulle navi della Marina militare. I giudici della Corte d’Appello di Venezia hanno chiuso una lunga vicenda e condannato a un anno e tre mesi l’ammiraglio Agostino Di Donna e a un anno i pari grado Angelo Mariani e Guido Venturoni, che tra gli anni Ottanta e Novara occupavano un ruolo apicale nella Marina proprio durante il periodo di servizio di Battistini e Grasso.
E’ stata riconosciuta dunque la loro responsabilità e correlazione alla malattia che ha poi portato al decesso il marinaio di coperta e il tecnico. L’inchiesta è scattata nel 2005 in Tribunale a Padova dove erano state depositate le prime denunce sulle morti di militari e dipendenti civili provocate da mesotelioma.
Tutti avevano lavorato a bordo delle navi della Marina Militare ’foderate’ di amianto e comunque nei cantieri. Gli imputati sono stati condannati anche al risarcimento di 50 mila euro in solido con il ministero della Difesa ritenuto responsabile civile. A seguire le famiglie in questo lunghissimo iter l’avvocato Laura Mara di Medicina democratica e le associazioni Aiea e Afea.
«Dopo tanti anni – ha spiegato Pietro Serarcangeli presidente Afea ed ex ufficiale della Marina Militare – siamo arrivati alla conclusione ma soltanto di questa storia, mentre ne sono aperte tante. Soltanto su Spezia seguiamo come Afea sette famiglie di civili che a differenza dei militari sembrerebbero essere dimenticate. Questo perché nel 2011 nel decreto Salva Italia il ministero ha stabilito che ai civili malati in servizio nulla fosse dovuto. Come se le loro uscite sulle navi oppure la lavorazione in cantiere eseguita non in uniforme ma con abiti civili potesse differenziare. In uno Stato di diritto non devono esistere morti di serie A e B. Abbiamo assistito alle condanne di chi ha avuto sicuramente un ruolo militare di responsabilità ma è al tempo stesso anche vittima di un ingranaggio essendone parte e avendo condiviso gli stessi luoghi di lavoro e navi con gli altri".
Massimo Merluzzi