La mannaia del virus sulle imprese spezzine. Cancellate 1.200 attività soltanto nel 2020

Il triste primato tocca a commercio e costruzioni. Ecco la geografia della crisi innescata, e in alcuni casi aggravata, dalla pandemia

Un negozio (Foto di repertorio)

Un negozio (Foto di repertorio)

La Spezia, 2 marzo 2021 - Il ‘primato’ se lo giocano il commercio (ingrosso e dettaglio) e il comparto delle costruzioni. Sono questi i due settori che, a chiusura delle rilevazioni del 2020 a cura della Camera di commercio, registrano il maggior numero di ‘vittime"’ Intendendosi per tali le cancellazioni di impresa. Un’ecatombe vera e propria se si considera il totale degli imprenditori che, in tutti i settori, hanno tirato i remi in barca per effetto dell’emergenza pandemia: le attività cessate in un anno in provincia della Spezia sono state 1.201 su un totale di imprese registrate pari a 20.738, di cui 17.369 attive.

Si diceva del commercio: il settore – che nella classificazione Ateco comprende anche i centri di riparazione di auto e motocicli – ha registrato il maggior numero di cessazioni, 337, su un totale di 4.959 attività registrate (4.497 le attive). L’altro settore più penalizzato è quello delle costruzioni, che registra 205 cessazioni, a fronte di 3.382 aziende iscritte e 2.981 attive.

La geografia della crisi da coronavirus registra, sempre nel 2020, 162 imprese chiuse nel comparto dei servizi di alloggio e di ristorazione (in totale 2.783 le registrate e 2.408 quelle attive), 78 fra le attività manifatturiere, 64 nel comparto "altre attività di servizi".

L’agricoltura (comprensiva dell’attività di silvicoltura e pesca) ha pagato a sua volta un prezzo pesante con 53 cessazioni, però con una significativa contro tendenza: nel corso dell’anno appena trascorso si sono registrate infatti ben 46 nuove iscrizioni, segno che qualcuno, nonostante la difficilissima congiuntura, continua a scommettere sulle potenzialità del settore.

Qualcosa del genere è accaduto anche nel commercio, dove le nuove iscrizioni sono risultate 146, probabilmente alimentate dal passaggio da settori merceologici ad altri, ritenuti meno esposti alla crisi pandemica. Un fenomeno che ritroviamo molto più accentuato, in termini percentuali, nel comparto del noleggio, agenzie di viaggio e servizi di supporto alle imprese, dove il numero delle cessazioni (52) è stato quasi del tutto compensato da 46 nuove iscrizioni. Segno che rispetto a numerosi imprenditori che hanno gettato la spugna ce n’è un discreto numero che ha ritenuto invece di ricollocarsi sul mercato o comunque riposizionare il proprio target.

Non così nel campo del trasporto e del magazzinaggio, dove in un anno hanno chiuso i battenti 37 aziende a fronte di sole 8 nuove iscrizioni (in tutto sono attive in provincia 575 imprese nel settore) e in quello delle attività immobiliari, con 36 cessazioni. Significative emorragie le troviamo anche in attività marginali, come quelle legate ad attività professionali, scientifiche e tecniche (-31), nei servizi di informazione e comunicazione e nelle attività finanziarie e assicurative, che segnano in entrambe 22 cessazioni.

E ancora: dieci imprese nell’anno appena trascorso hanno dato forfait anche nel settore che raccoglie le attività artistiche, sportive di intrattenimento e divertimento. Mentre sei hanno gettato la spugna nel comparto della sanità e dell’assistenza sociale. C’è invece un ultimo comparto, quello delle cosiddette imprese non classificate, di cui non è possibile dare un identikit specifico dove i rapporti sono vistosamente invertiti: a fronte di 80 cessazioni, le statistiche della Camera di commercio riportano ben 366 nuove iscrizioni.