"Interpretando Pasolini"

Camilli racconta il lavoro dietro le quinte del ’Davidson’ di Balletto Civile .

"Interpretando Pasolini"

"Interpretando Pasolini"

Tutto è nato dal ritrovamento di un libretto in un mercatino. Una sceneggiatura inedita, ‘messa in cassaforte’ dopo il processo per vilipendio al film ’La ricotta’, pubblicata postuma e ricca di immagini e azione. È nato così ’Davidson’, lo spettacolo tratto dalla ’Il padre selvaggio di Pier Paolo Pasolini’ – scritto nel 1962 e dato alle stampe postumo nel 1975 – che segna il debutto di Balletto Civile a Fuori Luogo. In scena questa sera alle 20.30 al Dialma Ruggiero della Spezia, vedrà protagonisti Maurizio Camilli – a cui si devono anche concept e drammaturgia, in tandem con la coreografia di Michela Lucenti – e Confident Frank. "Un testo molto interessante per noi – spiega Camilli –, che usiamo il corpo per la danza. Ci mancava la ‘materia prima’, il protagonista. Lo abbiamo trovato in un laboratorio tenuto a Modena alcuni anni fa: si tratta di questo giovane di origini liberiane e nigeriane nato in Italia. Un ragazzo di seconda generazione, danzatore spontaneo, che ha imparato guardando Tik Tok e nella strada: la sua immediatezza e la sua freschezza funzionano, e con Michela Lucenti abbiamo chiuso il cerchio. Questo personaggio, con la sua naività e la sua sfrontatezza, ti mette in discussione".

Cosa c’è di diverso rispetto all’originale?

"Anzitutto, una riduzione: rimangono soltanto due personaggi, il mio e quello di Confident; la sceneggiatura originale è ambientata in Congo, noi vediamo un maestro che parla con un giovane immigrato ventenne: un rapporto che poi io e lui abbiamo ricostruito in modo personale, in una vertigine".

Pasolini continua ad esser chiamato in causa ancora oggi. Qual è l’attualità di questo testo?

"Quando è stato scritto, agli inizi degli anni Sessanta, non c’erano ancora queste invasioni migratorie, ma già lui intuiva il fermento nel continente, che conosceva bene. Aveva un occhio lucidissimo e visionario, essendosi in quegli anni dedicato a girare ’Appunti per un’Orestiera africana’. Aveva capito che qualcuno prima o poi sarebbe venuto a chiederci conto di quello di quello che lì stava accadendo, a partire dallo sfruttamento. Il continente era un calderone pronto a esplodere. E nell’attualità, la sua profezia si avvera di continuo".

Quale suggerimento può dare a chi vedrà ’Davidson’, per permettergli di cogliere tutta la complessità di questa rappresentazione?

"Guardare prima ’Appunti per un’Orestiera africana’, in cui Pasolini fa delle interviste e cerca di immaginare questo film, dando in realtà vita a un documentario fatto di appunti visivi che può aiutare sul piano del contenuto. Inoltre, serve sapere in anticipo che porteremo in scena un mix di linguaggi, fatto di danza e teatro in cui testo e fisico si mescolano in modo fluido e che parte da una Sesta Sinfonia di Bach apocrifa, riletta".

Lei, anche quest’anno, è direttore artistico di Fisiko: può darci qualche anticipazione?

"La novità più rilevante è che non si svolgerà interamente presso la Ceramica Vaccari, ma in parte anche a Sarzana, sia al teatro Impavidi che nello spazio urbano. Si terrà dal 20 al 24 giugno e stiamo ancora definendo il programma".

Chiara Tenca