Immagini pornografiche di minori sul computer: «Non le ho scaricate io»

Padre di famiglia si difende dalle accuse

Un'aula di tribunale (Foto d'archivio)

Un'aula di tribunale (Foto d'archivio)

La Spezia, 6 dicembre 2018 - Avrebbe scaricato immagini pedo-pornografiche sul suo computer, diffondendole poi in rete attraverso un programma di condivisione. E’ l’accusa di cui deve rispondere un padre di famiglia spezzino davanti al collegio del tribunale presieduto da Gianfranco Petralia con giudici a latere Stefania Letizia e Marinella Acerbi. I fatti risalgono addirittura al 2011, quando l’uomo finì nella rete della polizia postale nell’ambito di un’operazione nazionale contro la pedo pornografia. Gli investigatori avevano scoperto che sul suo computer erano state scaricate attraverso eMule, un software applicativo dedicato alla condivisione dei file, immagini di nudo e filmati che riguardavano minori. Immagini e filmati che poi sarebbero stati inviati ad altri utenti. Pertanto i poliziotti della postale avevano fatto irruzione nella sua abitazione e gli avevano sequestrato il computer, facendo scattare la denuncia dalla quale era poi scaturito il rinvio a giudizio davanti al collegio, trattandosi di un reato particolarmente grave, chiesto dal pubblico ministero Monica Burani.

Il padre di famiglia, che è difeso dall’avvocato di fiducia Paolo Tarchi, si è sempre dichiarato non colpevole, nel senso che aveva effettivamente quelle immagini sul computer, però ha detto di non averle scaricate di proposito bensì involontariamente. E tantomeno di averle poi diffuse in rete. Si tratta di foto di minori, la maggior parte di nudo e solo in minima parte di sesso esplicito. E quei file, infatti, sarebbero stati archiviati sul suo computer con dei nomi random, con sigle particolari com’erano in origine, e non rinominati da lui. A tale proposito, non a caso, la procura ha nominato un perito informatico, Giuseppe Dezzani di Torino. Cosa che l’imputato non ha potuto fare per una contro-perizia, non potendosi permettersi una spesa che si aggira su alcune migliaia di euro.

Ieri, dopo sette anni dai fatti, era attesa la sentenza. E’ però venuto a mancare proprio il consulente informatico, bloccato da una sindrome influenzale, che avrebbe dovuto illustrare la sua perizia. L’udienza è stata pertanto rinviata al prossimo 30 gennaio.