Il risultato del tampone è in ritardo "Mi hanno tolto il diritto di voto"

L’Asl non ha ancora preso in carico la segnalazione del medico di famiglia che risale a dieci giorni fa. E quindi non c’è documento che certifichi la quarantena e consenta di giustificare l’assenza dal lavoro

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Astensionisti per Covid. O meglio, privati dal Covid del diritto-dovere del voto. Anche solo se l’hanno sfiorato quel virus che quando si insinua nell’organismo umano rischia di provocare reazioni gravissime, e che si è insinuato in modo dirompente in un sistema sanitario e amministrativo già seriamente minato da un’instabilità cronica. Quanti sono è un mistero, come molti altri numeri dell’emergenza sanitaria. Certo è che a incidere sull’affluenza alle urne in questi due giorni non sarà solo la paura del contagio, ma l’inadeguatezza della gestione dei contagiati, conclamati o presunti che siano.

"Sono passati dieci giorni da quando il mio medico di famiglia ha inoltrato la denuncia del mio possibile contagio, tre da quando mi hanno sottoposto a tampone: l’Asl non ha ancora preso in carico la denuncia, quindi non posso avere un documento che certifichi la quarantena, e l’esito del tampone non è ancora arrivato. Risultato? Non ho potuto presentare la richiesta per il voto a domicilio e al lavoro risulto assente ingiustificata", racconta esasperata Giovanna, dipendente di un istituto di credito sarzanese. "E nella mia stessa situazione sono di sicuro altri quattro colleghi – . Quando faranno le percentuali dell’affluenza alle urne qualcuno si chiederà a quanti sia stato negato il diritto costituzionale di esprimere i suoi rappresentanti o la sua idea sul taglio dei parlamentari?". Di certo i forzati del non voto rimarranno a ingrossare i numeri dell’astensionismo. "E’ una situazione paradossale – continua Giovanna – Non si riesce a capire come funzionino le cose, ci si sente confusi e abbandonati". Giovanna è un cosiddetto “contatto di caso” ma non lo ha scoperto dall’attività di tracciamento Asl. "Una persona con cui eravamo stati a lungo a contatto sul lavoro la settimana dopo è andata al pronto soccorso perché aveva la febbre alta e il tampone è risultato positivo – racconta –. Ha subito chiamato per avvertire ma una settimana dopo ancora l’Asl non l’aveva sentita e quindi non aveva tracciato i suoi contatti. In pratica ci siamo autodenunciati: venerdì 11 il medico di famiglia ha mandato la comunicazione e una settimana dopo mi hanno chiamato per fare il tampone in via XXIV Maggio. Ma fino a sabato, quindi dopo tre giorni, l’esito non era ancora arrivato e l’Asl non mi aveva preso in carico, quindi il mio medico non può rilasciarmi un certificato, né per votare ma neppure per giustificare l’assenza dal lavoro. E speriamo che il mio tampone non sia andato perso".

Emanuela Rosi