"I dati parlano da soli. Il resto è menzogna"

Peracchini spara a zero contro l’opposizione: "Nessuna zona rossa. Fomentano l’odio sociale per esigenze di campagna elettorale"

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di Roberta Della Maggesa

Ha fatto quattro passi a ridosso di piazza Brin. Si è fermato a parlare con l’edicolante e ha scambiato un saluto con un cittadino che portava a spasso il cane. Tutto in fretta. Tutto a distanza regolamentare. Pierluigi Peracchini ieri mattina era all’Umbertino. L’intento era smascherare quella che non ha esitato a definire "la più grande fake news dell’era Covid", ossia l’idea che il quadrilatero compreso tra via Aldo Ferrari, viale Amendola, viale Garibaldi e via Fiume sia ’zona rossa’. "Una menzogna che ha messo in ginocchio il tessuto commerciale". "Un’invenzione costruita ad arte dalle opposizioni".

Sindaco, perché si è resa necessariauna zona di massima attenzione, chiamiamola così, all’Umbertino?

"Perché purtroppo in quell’area la percentuale di positivi residenti è altissima".

Sì, ma il divieto di assembramento di per sé non garantisce che non si verifichino contatti con soggetti potenzialmente positivi, che possono continuare a circolare liberamente dentro il quartiere così come nel resto della città.

"Il divieto di assembramento è una regola generale, che vale per tutti e ovunque, in presenza di focolai. In questo caso, essendoci una così alta concentrazione di residenti positivi, evita che altre persone vengano a contatto con il virus. È un provvedimento che rafforza un principio di precauzione che vale anche in altre situazioni. È vero che i cittadini possono circolare liberamente, ma devono comunque indossare la mascherina e rispettare il distanziamento sociale. Insomma, il provvedimento è un incoraggiamento a fare proprie, vista la sitazione particolarmente delicata, indicazioni di comportamento che valgono per tutti e dappertutto".

Cosa risponde a chi accusa il centrodestra di avere ‘ghettizzato’ piazza Brin?

"Bisogna essere degli irresponsabili a fomentare l’odio sociale. Non c’è nulla di politico nel provvedimento adottato. Siamo di fronte a un virus che non scherza. Bisogna essere obiettivi, capire il problema, accettarlo e affrontarlo nella maniera adeguata. Chiaramente chi non conosce i dati e non si fida delle istituzioni, adesso ha gioco facile a strumentalizzare legittime e democratiche modalità di intervento. Per questo invito tutti al rispetto e alla cautela. Coloro che oggi tentano di delegittimare le azioni di contenimento del virus in città sono gli stessi che hanno gridato allo scandalo quando – terapie intensive a tappo – feci presente che, di fronte all’sos di una nave, avremmo accolto una richiesta di bunkeraggio e favorito lo sbarco di casi gravi, ma non avremmo potuto gestire una potenziale nuova bomba epidemica. Ciascuno ha precise responsabilità e prende decisioni in base alle informazioni che possiede e che la comunità scientifica diffonde".

Perché allora questi dati sono stati parzialmente divulgati soltanto lunedì? Mi riferisco al fatto che, stando a quanto emerso dal report della Regione, l’incidenza dei casi isolati nel quartiere Umbertino sarebbe il doppio rispetto a quella di altre zone della città. Forse più trasparenza avrebbe favorito un atteggiamento di maggiore disponibilità e comprensione da parte dell’opinione pubblica...

"C’erano profili di privacy da rispettare. E c’era l’esigenza di evitare che certi ambienti potessero essere presi di mira. Detto questo, i provvedimenti sono stati presi nei tempi giusti e sulla base delle evidenze epidemiologiche emerse, non certo sull’onda della campagna elettorale".

Ci sono però oggettive situazioni di contraddizione. All’Umbertino vige un divieto assoluto di assembramento mentre in centro si continua a fare allegramente movida, spesso senza le necessarie precauzioni.

"E’ un problema culturale. Ognuno di noi sa quali siano le regole da rispettare per tutelare la salute di tutti. Regole che non sono state introdotte per penalizzare qualcuno. Evidentemente questa evidenza sfugge ancora. Con Prefettura e forze dell’ordine siamo in costante contatto per garantire adeguati controlli ma non abbiamo certo un carabiniere da mettere a ogni angolo di strada. E non possiamo neanche arrivare a uno stato di polizia per far capire sfumature di sensibilità che dovrebbero appartenere alla coscienza di ciascuno. Bisogna rispettare le regole. Punto".

Da presidente della Provincia ci spiega perché la riapertura delle scuole non è stata posticipata anche negli altri comuni del terrritorio?

"I dati parlano da soli. C’erano pochissimi casi sparsi nel resto della provincia. E la massima concentrazione di soggetti positivi era nella città capoluogo. L’ordinanza ha evitato che 30mila persone si spostassero in contemporanea portando il virus dappertutto. In ogni caso le scuole non sono chiuse, sono state sospese soltanto le lezioni in presenza, ma gli istituti sono totalmente autonomi rispetto all’organizzazione della didattica a distanza".

Lei resta convinto che la festa per la promozione dello Spezia in serie A non abbia minimamente influito? In piazza ci saranno pur stati anche giovani tifosi dominicani...

"E’ una valutazione che lascio agli esperti. Proprio su ‘La Nazione’ il prefetto oggi (ieri per chi legge, ndr.) ha fatto una dichiarazione che mi sento di condividere: non c’è alcuna dimostrazione scientifica di correlazione tra i due eventi".

Quando è ragionevole ipotizzare un ritorno alla normalità?

"Dipende dai nostri comportamenti. Se rispettiamo le regole, è legittimo aspettarsi che la curva dei contagi torni a scendere entro una decina di giorni. In caso contrario i tempi potrebbero allungarsi".