Grotta Byron, giro di vite sui tuffi spericolati

La Capitaneria sollecita il Comune ad assumere provvedimenti per scongiurare le imprudenze. Sta meglio l’ultimo infortunato

Grotta di Byron

Grotta di Byron

Porto venere, 2 luglio 2020 - Ha il tronco del corpo avvolto in un busto ma sta benone. Questione di giorni e potrà rimettersi in piedi. E proseguire a godersi l’estate tenendosi alla larga dai giochi pericolosi, come i tuffi dalla Grotta Byron che sono alla base della sua momentanea immobilità a letto, funzionale a rinsaldare una vertebra fratturata. Lui è il quindicenne spezzino protagonista, il 20 giugno scorso, dell’ennesimo infortunio nello specchio acqueo davanti alla grotta ctro, a Porhe si apre a margine promontorio di San Piedel to Venere, sotto il cosiddetto Ambrejo. Un tuffo maldestro il suo: iniziato bene ma, dopo circa 20 metri di volo, finito male, impattando violentemente sul mare con la schiena. Risultato immediato: la momentanea paralisi degli arti, il rischio di annegare. Questo è stato scongiurato dagli amici, i primi a prestare soccorso. Il sospetto di una trauma spinale si è poi fortunatamente dissolto con gli accertamenti al San Martino. Ora la convalescenza è alle ultime battute. Appena impostata, invece, la corsa ai ripari, per evitare che in futuro si ripetano altri incidenti simili, o peggiori, come quello che il 30 giugno 2011 costò la vita ad un uomo di 34 anni.

Dalla Capitaneria di porto, a firma del comandante Giovanni Stella, è partita una lettera indirizzata al sindaco di Porto Venere Matteo Cozzani. La sollecitazione è quella di ragionare su come agire, possibilmente in fretta. Il comandante esordisce ricordando i fatti del 20 giugno e l’imponente spiegamento di uomini e mezzi per trarre in salvo il ragazzo: personale del 118, dei Vigili del Fuoco, della Pa, oltreché quella Guardia Costiera che, dalla sala operativa, aveva coordinato i soccorsi, conclusisi con l’entrata in scena dell’elicottero Drago. Segue la narrazione del fenomeno generale, quello dei tuffi e dell’effetto-catena indotto anche dalla pubblicazione dei filmati dei «tuffi sconsiderati» su Youtube; una sorta di celebrazione che si fa sfida, incitazione all’emulazione e rischio, prima a poi, di dover piangere la fine, o la compromissione, di una giovane vita. «Sì ritiene che la situazione necessiti di approfondimenti nella prospettiva dell’emanazione di provvedimenti e azioni volti a scongiurare, già nell’immediato futuro, il ripetersi di simili spregiudicate condotte che, oltre a mettere in serio pericolo l’incolumità di chi le compie, richiedono l’intervento da parte degli enti preposti soccorso marittimo, coordinati dalla Capitaneria di porto», scrive Stella. Interventi, fra l’altro, molto difficoltosi, a cominciare da quello dell’elicottero che, a motivo delle pale, non può avvicinarsi alla parete di roccia, là dove il recupero e la stabilizzazione dell’infortunato, avvengono sul primo lembo di terra utile, quello degli scogli. Anche nell’ultimo soccorso il trasbordo dell’infortunato sull’elicottero è avvenuto sulla piazzola di Santa Maria, nella base del Comando Subacquei ed Incursori della Marina Militare.

Che fare? Il comandante non entra nello specifico delle azioni: questione di garbo istituzionale là dove le competenze ordinatorie sono di competenza del sindaco. Ma massima è la collaborazione garantita. L’idea del divieto di tuffi è calzante e farebbe da apripista alle sanzioni, con loro effetto deterrente. Ancor prima, e già a suo tempo caldeggiata da La Nazione, l’idea di un’opportuna cartellonistica. Se poi lo spettacolo dei tuffi si fa irresistibile, meglio dargli dignità di evento organizzato, come accadde nel maggio del 2001, quando la Grotta Byron fu teatro del «Red Bull Cliff Tour» che vide sfidarsi i migliori tuffatori del mondo. E la manifestazione si risolse in linfa per il tessuto commerciale locale.  

Corrado Ricci